mercoledì 28 novembre 2012

Verifica autoprotezione dai fulmini a regola d'arte o a CEI 81-10?

Circa un mese fa ho scritto sulla accettabilità di metodi alternativi a quelli proposti dalla norma CEI 81-10 per la verfica della autoprtezione delle strutture dai fulmini. Ciò nel "Blog dell'ing. Giancarlo Tedeschi" in data 17 ottobre 2010".
Propongo un esempio che chiarisce il senso di quanto allora ho scritto.
Nel disegno che segue propongo una situazione da verificare : condominio, circa 40 appartamenti, altezza circa 32 m, dimensioni in pianta  30 m x 27 m, le distanze e le altezze dagli/degli edifici vicini sono deducibili dal disegno allegato, i due edifici posti sopra e a dx nel disegno allegato sono  alti come l'edificio in esame, intorno all'edificio sono presenti piante di altezza variabile da 18 a 12 m.
Risultati : applicando pedestremente la norma tecnica vigente l'edificio non risulterebbe autoprotetto !
Applicando la norma per tutto tranne che per il coefficiente di posizione, per il quale si pensa di poter applicare quanto sostenuto da una delle prime norme tecniche CEI uscite sull'argomento ( metodo più laborioso, ma più preciso che teneva conto della effettiva distribuzione e altezza degli edifici (o altro) circostanti ) e altre considerazioni di normale logica ( per edifici di uguale altezza distribuiti nello spazio a distanza di massima pari alla loro altezza l'area di raccolta non dovrebbe differire da quella che geometricamente gli competerebbe, pensando ad una distribuzione uniforme dei fulmini a terra ), si può giungere al risultato opposto e cioè che il condominio risulta autoprotetto.
E' accettabile  ?
Si tratta di una applicazione della regola d'arte, che non coincide con le regole proposte dalle norme tecniche vigenti.
Forse è più a regola d'arte la mia soluzione che quella proposta dalla forzatamente grossolana norma tecnica!
Si può affermare che i programmi disponibili per le verifiche non  risolvono sempre tutto come si vorrebbe?

venerdì 8 giugno 2012

Terremoti, fulmini, sicurezza e valutazione del rischio

E' evidente che le mappe che indicano il grado di sismicità dei luoghi in Italia devono essere aggiornate.
E' di gran moda oggi nelle aziende la valutazione del rischio dovuto alle fulminazioni dirette e indirette.
Mi riferisco principalmente al rischio per la salute e la vita delle persone.
La norma tecnica del Comitato Elettrotecnico Italiano ( CEI ) oggi in vigore, che informa sulla frequenza dei fulmini a terra in Italia da considerare per ottenere la corrispondente valutazione quantitativa del rischio è molto datata.
Mi risulta invece che il SIRF disponga da molti anni ormai di dati relativi alla  frequenza dei fulmini a terra in Italia molto aggiornati e ben più affiodabili.
Da tecnico ritengo che dovrebbero essere diffusi i nuovi dati anche solo per garantire una maggior sicurezza per la salute e la vita delle persone, visto che la norma tecnica da applicare consente di determinare le cautele da adottare per ridurre il conseguente rischio a valori accettabili.
D'altro canto i nuovi dati se da riferire a frequenze dei fulmini a terra inferiori consentirebbero ai nostri imprenditori e in genere ai cittadini di risparmiare investimenti in tempi di grave crisi.
Come mai dati così importanti non sono messi a disposizione della comunità ?
E' evidente che non è così che si raggiunge l'obiettivo di una maggior sicurezza. Le risorse, già modestissime, dovrebbero trovare impiego dove i rischi sono più elevati.
Chiedo ragione a chi dovere della situazione che ho descritto.
Chiedo conforto ai colleghi.

martedì 10 gennaio 2012

Impianti fotovoltaici. Guida CEI 82-25. Più danni che vantaggi ?




Nella Guida CEI 82-25, il contenuto del terzo capoverso del paragrafo 9.1.2, dal titolo “Protezione contro i contatti indiretti” a pag. 56 della edizione 09-2010, è in netta contraddizione con il primo capoverso successivo alla tabella che compare a pagina successiva. Sembrerebbe che si voglia nel primo caso raccomandare di mettere a terra le cornici dei moduli di classe II anche per il tramite della loro struttura metallica di supporto, contrariamente a quanto prevede la norma CEI 64-8, mentre nel secondo caso si ribadisce il dovere di non collegarle a terra, a meno che ciò sia previsto dalle prescrizioni di costruzione del relativo componente elettrico. Una evidente contraddizione ?
Commento al terzo capoverso del paragrafo 9.1.2
Ad essere rigorosi sia nella prima parte che nella seconda si affermano cose che non approviamo.
Nella prima parte, cioè nel terzo capoverso, a ben leggere quanto scritto, ci si accorge che non si cita proprio l’azione di mettere a terra la struttura, si richiede solo l’equipotenzializzazione tra cornici dei moduli e struttura. Un tale comportamento, che si dimentica della messa a terra, in quanto gravemente non prescritto dal testo dellaguida, risulta molto pericoloso per le persone, visto che, in caso di guasto, estende il potenziale pericoloso a tutta la struttura di supporto, che risulta cento volte più “a portata di mano” del singolo modulo, il cui isolamento dovesse cedere.
Commento al primo capoverso del paragrafo 9.1.2 successivo alla tabella che compare a pagina 57.
Ecco il testo:”Si ricorda che le parti conduttrici accessibili di un circuito a doppio isolamento non devono essere collegate a terra, a meno che ciò sia previsto dalle prescrizioni di costruzione del relativo componente elettrico”. A parte l’obbligatorietà del contenuto, non si può non notare come il soggetto della frase più importante siano le parti conduttrici accessibili di un circuito a doppio isolamento e le prescrizioni si riferiscano invece ad un suo componente elettrico. Avvertiamo scarsa chiarezza: infatti si confondono le condutture in classe II con gli apparecchi elettrici.
A valle di tutto ci chiediamo ancora quanto sia accettabile il divieto imposto dalla norma di mettere a terra l’involucro metallico posto a protezione di un eventuale cavo a doppio isolamento.
Infine se la necessità di contenere il rischio dovuto alle sovratensioni richiedesse la messa a terra delle estremità dell’involucro metallico del cavo, come ci si deve comportare nei confronti del divieto normativo appena enunciato ?
Tutto a nostro avviso si rimanda al progettista, che deve gioco forza fare delle scelte e dare delle risposte.
Le guide riportano troppo spesso solo le cose più facili e ovvie, che fanno lievitare i costi e il tempo che il progettista deve dedicare alla loro lettura. Sugli argomenti delicati, e non solo su questi purtroppo, esse creano in più occasioni confusione senza aiutare concretamente il progettista, che viene abbandonato a se stesso e  che rimane solo nell’affrontare le sue responsabilità.
Un ruolo quello del progettista molto delicato e difficile, che non viene ordinariamente in giusta misura riconosciuto.