Ci stiamo occupando della verifica della necessità o meno della realizzazione di una gabbia di Faraday per un edificio piuttosto alto in Padova.
Abbiamo verificato che il valore di Ng, densità di fulmini a terra, ottenuto a pagamento ( direttamente in un caso e indirettamente nel secondo caso ) da due distinte fonti, si presenta con valori diversi. Il valore maggiore è superiore del 30 % circa rispetto a quello inferiore. Tale valore è molto importante per la determinazione del valore del rischio da calcolare.
In un caso a parità di altre condizioni la gabbia di Faraday si dovrebbe installare, nell'altro potrebbe non risultare necessaria.
Ciò si verifica nell'indifferenza di tutti le categorie interessate.
Il paradosso sta nel fatto che tutti generosamente pensano che, nel campo dell'applicazione delle norme tecniche che riguardano la sicurezza, situazioni di simile incertezza non si possano nemmeno immaginare.
Quanto sopra richiamato è solo la punta di un iceberg !!
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martedì 22 ottobre 2019
domenica 30 agosto 2015
Il costo discutibile delle guide CEI
Il costo discutibile delle guide CEI
Ho
considerato la guida CEI 121-5 ( 2015-07
), Guida alla normativa applicabile ai quadri elettrici di bassa tensione e
riferimenti legislativi, ediz. CEI, 166 pagine, di recentissima pubblicazione,
il cui costo è di 96,00 euro e in particolare la sua pag. 110. Il contenuto di
tale pagina è di circa ( 30 righe x 96
caratteri/riga ) 2880 caratteri. Risulta per la guida CEI un costo per
facciata pari a 0,578 euro.
Ho
considerato il testo Quadri Bassa Tensione, ediz. TNE, 324 pagine, di meno
recente pubblicazione ( 2014 ), il cui costo è di 37,50 euro e in particolare la sua
pag. 264. Il contenuto di tale pagina è di circa ( 31 righe x 88 caratteri/riga ) 2728 caratteri. . Risulta
per il testo TNE un costo per facciata pari a 0,116 euro.
Le due
facciate mi sono sembrate di massima tra loro confrontabili. Si potrà comunque
ripetere il confronto per altre pagine.
Non sono
entrato nel merito della sostanza e qualità dei contenuti delle pagine
confrontate. Tale importante confronto potrà essere oggetto di future
significative considerazioni.
Non si può non notare che il costo del
documento edito dal CEI ha un costo circa cinque volte superiore a quello del
testo edito da TNE.
Al di là di
un confronto di merito sui contenuti, che posso anticipare, a mio parere,
nettamente a favore del testo TNE, ritengo che la situazione descritta sia
intollerabile e meriti una tempestiva riflessione/approfondimento e un aperto pubblico
dibattito/discussione.
Prego i colleghi di verificare i calcoli effettuati e di estenderli ad altre pagine e ad altre guide e resto in attesa di commenti.
venerdì 6 marzo 2015
Progetto CEI C. 1133 di Guida alla normativa applicabile ai quadri elettrici di bassa tensione e riferimenti legislativi.
A pag. 88 della Guida si ripete quel che dice la norma a
proposito di una delle condizioni per l’applicabilità del sopra richiamato metodo
di verifica e precisamente quanto segue: “ …. e
si basa sulla ipotesi che la potenza dissipata sia uniforme all’interno dell’involucro.” Ciò è quanto si legge nella Guida ufficiale.
Nel testo “Quadri di BT, edizioni TNE, autori V. Carrescia e
V. Scarioni, a proposito della stessa ipotesi si legge invece : “La potenza
dissipata all’interno dell’involucro è ripartita uniformemente. Questa
condizione posta dalla norma è alquanto vaga. Una interpretazione realistica
può essere la seguente: gli apparecchi, compatibilmente con le dimensioni e le
distanze di rispetto proprie di ciascuno di essi, sono collocati in modo da
interessare la superficie frontale del quadro, trascurando nella valutazione la
zona fino a 0,2 m di altezza alla base del quadro e quella oltre 2 m dal suolo.”
Dal giorno alla notte tra il contenuto della Guida e quello
del libro edito da TNE. E' da notare che
le singole pagine della Guida hanno un costo, ad un confronto grossolano, quasi 5 volte superiore a quello del libro.
Nella Guida si ripete solo il puro contenuto della norma, e nulla di più, e non si affrontano i problemi ( non certo una gran guida ! ). Il libro ne ripete il contenuto e riconoscendone i limiti, li evidenzia e si
sforza almeno di offrire nel caso specifico una interpretazione della vaga indicazione
contenuta nella norma.
Concludo affermando che nel rapporto benefici/costi il testo TNE vale 50 volte la Guida del CEI.
Ciò non è accettabile.
martedì 3 marzo 2015
Commento alla nuova Guida del CEI sull'applicazione delle norme CEI EN 61439 -1 e CEI EN 61439-2,integrazione 1
Nuova norma
CEI EN 61439-1 e CEI EN 61439-2
Osservazioni
alla “GUIDA ALLA NORMATIVA APPLICABILE
AI QUADRI ELETTRICI DI BASSA TENSIONE E RIFERIMENTI LEGISLATIVI”- Integrazione n. 1
Quanto segue
è da riferire esclusivamente all’allegato E della guida ( verifica termica dei
quadri per confronto ).
Non ho
trovato nella norma CEI EN 61439-1 il punto 10.40.3 ( 32 ) richiamato nelle
conclusioni dell’allegato; il riferimento sembra errato.Non si richiama nell’allegato il punto g ) di 10.10.3.2 della norma CEI EN 61439-1, per il quale il quadro da verificare deve avere “lo stesso o inferiore numero di circuiti in uscita per ogni scomparto”. Ciò non è verificato per il terzo scomparto dei quadri da confrontare, per cui “sembrerebbe” contraddetto l’esito positivo affermato nelle conclusioni ( 33 ).
Nella guida si è fatta una semplificazione pericolosa, senza indicarne i limiti.
Infatti nell’esempio presentato nella guida manca il richiamo all’effettuazione di una verifica fondamentale richiesta dalla norma CEI EN 61439-1 al suo punto f), che al riguardo dei requisiti che i quadri devono possedere recita: “avere la stessa o minore potenza dissipata nello stesso scomparto di quella usata per la prova;” l’estensore della guida non ha eseguito il confronto del terzo scomparto ( sezione C ) del quadro in prova con il terzo scomparto provato, come richiesto, ma l’ha eseguito con il secondo scomparto, per risparmiarsi forse la fatica di calcolare la potenza in dissipata nel terzo scomparto provato. Con ciò si è commesso un errore, non tanto nel caso specifico in esame, quanto di procedura in generale.
Se infatti l’utente della guida seguisse passo passo la procedura illustrata nella stessa, potrebbe incappare in un errore. Se la guida non ripete minuziosamente quanto la norma chiede, necessariamente ne risulta la possibilità di indurre in errore l’utente, che non sempre conosce i dettagli della norma specifica, non sempre ha il tempo per farlo e che non sempre è in grado di tener presente e soprattutto di ben valutare tutte le condizioni al contorno che devono accompagnare il confronto.
La norma chiede di verificare che ogni scomparto da verificare dissipi meno potenza del corrispondente scomparto provato. Quindi globalmente il quadro e puntualmente ogni scomparto deve essere secondo la norma per tale aspetto confrontato. Ciò non è stato fatto dall’estensore della guida, né colpevolmente si è fatto cenno in generale alla necessità di farlo.
Se nell’esempio proposto dalla guida il terzo scomparto provato fosse risultato poco significativo in quanto a potenza dissipata al suo interno e le potenze dissipate nei primi due scomparti in precedenza confrontati fossero risultate poco diverse tra loro, cioè quelle relative agli scomparti in esame di poco inferiori rispetto a quelle relative agli scomparti provati, l’esito della verifica non avrebbe subito modifiche e si sarebbe concluso ancora positivamente, con molti dubbi invece sulla reale fondatezza di un tale giudizio.
In effetti, come sopra ipotizzato, si potrebbe verificare il caso che i due quadri di uguali dimensioni e simili per tanti altri aspetti, presentino nei primi due scomparti potenze dissipate tra loro poco diverse, mentre la potenza dissipata nel terzo scomparto da verificare potrebbe superare in modo apprezzabile quella relativa al terzo scomparto provato, alterando così in misura significativa i flussi dello smaltimento di calore verso l’esterno. Per entrare ancor più nel dettaglio si può pensare che il contenimento della sovratemperatura, nel secondo scomparto provato, nell’esempio esposto nella guida, sia di 20°K, in quanto il terzo scomparto contiguo, sede di poca potenza dissipata, richiama al suo interno una parte apprezzabile del calore prodotto nel secondo scomparto. Ma una tale favorevole situazione non potrebbe invece riconoscersi nel caso del quadro da esaminare, il cui terzo scomparto potrebbe risultare sede di una più consistente potenza dissipata.
Nella guida la procedura presentata deve essere modificata, in quanto fuorviante. Il confronto, se fatto per singoli scomparti, deve e essere eseguito per tutti gli scomparti che compongono il quadro, in modo tale che sia verificata sia la condizione che la potenza dissipata in tutto il quadro è per il caso in esame inferiore a quella del quadro provato e che la stessa condizione è verificata anche per ogni singolo scomparto.
Ritengo che non sia grave che a qualcuno sfugga qualche errore e imprecisione, ma è inammissibile che non ci sia un controllo a valle in grado di eliminare tali errori e imprecisioni, almeno per la gran parte.
domenica 1 marzo 2015
Commento alla nuova Guida del CEI sull'applicazione delle norme CEI EN 61439 -1 e CEI EN 61439-2
Nuova norma
CEI EN 61439-1 e CEI EN 61439-2
Osservazioni
alla “GUIDA ALLA NORMATIVA APPLICABILE
AI QUADRI ELETTRICI DI BASSA TENSIONE E RIFERIMENTI LEGISLATIVI”
Propongo le
seguenti osservazioni personali che sottopongo all’attenzione dei lettori, che suppongo
dispongano del documento soprarichiamato. In corsivo compaiono le segnalazioni
di presunte/i manchevolezze, imprecisioni, contraddizioni ed errori. Le
osservazioni sono numerate (1), (2),….
.
Il documento,
cui si riferiscono le osservazioni, è in fase di inchiesta pubblica come
progetto.
Già alla lettura del titolo si può
verificare la poca attenzione con la quale il testo di prima pubblicazione
proposto è stato fino ad oggi curato (1).
Dopo aver
letto con attenzione alcune parti del documento esprimo un giudizio negativo
sul suo contenuto. Penso, una volta
ancora, alla ricaduta negativa che alla pubblicazione di un tale documento, se
pur in inchiesta pubblica, ne consegue per l’immagine del CEI, Comitato
Elettrotecnico Italiano. Ritengo che i tecnici, come me, non dovrebbero
accettare supinamente la pubblicazione di documenti ufficiali di così bassa
qualità senza lamentarsi, visti i relativi elevati costi, non solo in termini
di euro, ma anche di tempo speso per la loro lettura e il loro approfondimento.
Esamino in
questa sede l’allegato E ( pagg. 142 - 152 ), che propone un esempio di verifica
delle sovratemperature con il confronto
( derivazione ) Norma CEI EN 61439-1 – par. 10.10.3 .
Si tratta di
verificare l’idoneità termica di un nuovo quadro utilizzando il “confronto con configurazioni
similari verificate con prove”.
Si esamina
un quadro a tre scomparti equipaggiato con n. 15 interruttori automatici con
RDF (Rated Diversity Factor) pari ad 1.
Della didascalia che accompagna le Fig. E.1 e
Fig. E.2 si fa fatica a riconoscere l’appropriatezza dell’uso del termine
“SCHEMA SINOTTICO …. ”, che non abbiamo mai constatato essere usato in
relazione alle rappresentazioni, cui nella guida esso viene riferito ( 2 ).
Nelle due figure si vedono infatti primeggiare per le due costruzioni da
confrontare gli schemi unifilari e i due fronti quadro, questi con anche l’indicazione
del percorso interno seguito dalle sbarre. Ciò giustamente per dimostrare/confortare
la similarità delle due configurazioni in esame.
Si enfatizza nel titolo delle Fig. E.1 e
Fig. E.2 un dettaglio e si trascura invece di dire che in esse sono presenti anche
gli schemi elettrici dell’apparecchiatura, rispettosi della collocazione degli
interruttori al suo interno. Per di
più mentre in fig. E.1 sul fronte quadro è presente una semplice linea
tratteggiata, che dovrebbe rappresentare lo “schema sinottico” dei collegamenti
realizzati con le sbarre all’interno dell’apparecchiatura, in Fig. E.2 sono
disegnate invece proprio le sbarre che stanno all’interno, per cui in questa
situazione si perde ogni traccia effettiva dello schema sinottico, cui il
titolo continua contraddicendosi a fare riferimento.
Ecco altri
rilievi.
In Fig. E.1 ci si riferisce ad uno “scomparto”
e corrispondentemente in Fig. E.2 ad un “quadro” ( 3 ).
Le indicazioni relative alla conformazione
delle sbarre sono date incoerentemente nello schema unifilare nell’un caso e
nel fronte quadro nell’altro ( 4 ), tanto che gli estensori della guida non ci
sono accorti che le caratteristiche indicate risultano tra loro nei due casi
notevolmente diverse ( Cu, n. 1, 100 x 5 mm e Cu, n. 2, 80 x 10 mm ),
contrariamente a quanto successivamente nello stesso allegato E supposto e
scritto ( 5 ). E solo in uno dei due
casi si indica la corrente nominale delle sbarre ( 6 ), che poi non è quella da
riferire, al di là della contraddizione evidenziata, alla soluzione
effettivamente confermata ( 7 ).
Si ha
l’impressione che l’esempio del confronto, che la norma presenta, sia stato
messo in piedi in tutta fretta senza il minimo controllo da parte di
chicchessia.
Fa oltremodo
specie anche che nell’esempio di confronto proposto sia stato alla fine
adottato un sistema di sbarre ( Cu, n. 1, 100 x 5 mm ), che non sembra adeguato
alla situazione, cioè mal dimensionato ( 8 ), che nessuno se ne sia accorto e che il documento sia stato presentato
in inchiesta pubblica con un tale vistoso errore. Mi ripeto: si ha l’impressione
che non esista un effettivo ed efficace controllo del contenuto pubblicato
nelle guide ( non tutte per fortuna !! ).
Giustifico
di seguito il cattivo dimensionamento del sistema di sbarre adottato. Valutando
la portata delle sbarre nude di sezione 100 x 5
mm in 702 A con ΔT 15 °C , Tsbarra 70 °C, Tamb 55 °C, e anche applicando
un coeffciente di correzione pari a 2,03 dovuto ad una situazione ambientale e
di funzionamento diversa, cioè più favorevole (
Tamb 40 °C e Tsbarra 90 °C ), la stessa portata salirebbe a 1425 A insufficiente a coprire la corrente nominale
del circuito di ingresso all’apparecchiatura : 1600 A e 1800 A nei due casi.
Queste valutazioni sono state fatte usando le tabelle e il grafico presenti a pag.
80 dell’ultima aggiornata edizione del prezioso volume TNE, Quadri Elettrici,
di V. Carrescia e V. Scarioni.
Nella Fig. E.1 e E.2 le indicazioni di
dettaglio, che accompagnano gli schemi e i fronti quadri non sono le stesse ( 9
) ( ad es. nel fronte quadro compaiono le sigle degli interruttori ( Q10, …. )
in un caso e le correnti nominali degli interruttori nell’altro,
…………………….. ), anche se di massima non
in contraddizione.
Incomprensibilmente sono indicate in Fig. E.1
due posizioni di “ARRIVO CAVI DI ALIMENTAZIONE” ( 10 ), quando è evidente che
l’apparecchiatura dispone di un solo circuito di alimentazione. Ancora un refuso?
Le dimensioni delle due apparecchiature in
esame sono identiche e non diverse ( 11 ), come si afferma successivamente ( al
punto c di pag. 145, 148 e 151 ) in una delle considerazioni proposte dagli
esperti estensori della guida per affermare la positività della verifica.
Si usano i termini “sezione” e “scomparto”
senza ben definirne, almeno nell’allegato stesso, le eventuali differenze ( 12
). Sembra che le sezioni A, B e C coincidano, ordinatamente da sx a dx, con
gli scomparti della sola apparecchiatura sotto esame. Si tratta in effetti di
confrontare il comportamento termico di scomparti similari di distinte apparecchiature. Gli scomparti da confrontare possono trovarsi
situati anche in posizione sequenziale diversa all’interno delle due predette apparecchiature.
Nel caso in esame il primo scomparto dell’apparecchiatura viene confrontato con
il corrispondente primo scomparto dell’apparecchiatura provata. Il secondo e
terzo scomparto dell’apparecchiatura in esame vengono invece entrambi confrontati
con lo stesso secondo scomparto dell’apparecchiatura provata. Quest’ultimo particolare potrebbe sfuggire ad
una lettura frettolosa della guida.
La verifica termica
di conformità alla norma proposta nell’allegato E viene effettuata per confronto
delle prestazioni di singoli scomparti, tra quelli da esaminare e quelli
provati. Gli assunti su cui si debba fondare
la validità di questo criterio non sono però, a mio avviso, convenientemente approfonditi
( 13 ).
Ci si
chiede se sia corretto che la guida suggerisca di eseguire la verifica termica
di una apparecchiatura affrontando il confronto per singoli comparti, e non
sull’insieme dell’apparecchiatura, senza almeno indicare chiaramente i limiti
legati ad una tale applicazione e tutti i vincoli da ben considerare.
Aggiungo in
proposito la nota che segue. Non sembra
si possa assumere come valido ed esaustivo il confronto tra due scomparti, se
non accompagnato da indicazioni e da approfondite valutazioni sul regime
termico degli scomparti vicini nelle particolari situazioni, cui si fa
riferimento. Nello studio proposto nell’allegato E non si dice che per la
validità del confronto si devono valutare con attenzione anche i flussi termici
che si manifestano tra gli scomparti e non si indicano e illustrano le modalità
con cui affrontare l’esame, nè le condizioni che sotto questo aspetto si devono
verificare.
Nel punto d)
di pagg. 145, 148 e 151 si accenna invero alla necessità di dover valutare la
presenza o meno ai lati degli scomparti in esame di altri scomparti. Questo
aspetto avrebbe però meritato un maggior approfondimento nella guida, definendo
meglio gli errori, in cui si può incorrere trascurandone la valutazione.
Il titolo di Figura E.3, E.4 ed E.5 non
sembra del tutto chiaro/appropriato ( 14 ). Non viene infatti rappresentato
solo lo schema degli scomparti a confronto, ma anche il fronte quadro e non è chiaro/definito,
come già detto, a chi riferire le sezioni A, B e C.
Per la fig. E.3, relativa alla sezione A, lo
schema dello scomparto in esame a pag. 144 è incompleto ( 15 ).
Di seguito
si trattano nel caso del confronto proposto dalla guida, sempre per le sezioni A,
B e C, alcuni altri aspetti/condizioni che sono state/i in essa considerati/e per
confermare l’esito positivo della verifica; verifica che, ricordo, viene
effettuata allo scopo di “poter asserire che il quadro è una derivazione della
configurazione provata”.
I punti f) di pagg. 145, 148 e 151 non sono chiari ( quadro, scomparto, entrambi ?? ) (16).
I punti f) di pagg. 145, 148 e 151 non sono chiari ( quadro, scomparto, entrambi ?? ) (16).
Per il punto a) relativo alla sezione A a pag.
144 si dovrebbe meglio scrivere “l’apparecchio principale” e non semplicemente
l’apparecchio, visto che gli apparecchi in entrambi gli scomparti sono più di
uno ( 17 ).
C’è contraddizione nella definizione delle
sbarre tra Fig. E.3 ed Fig. E.2, come già segnalato.
Piccole feritoie di ventilazione ( IP30,
filo di diametro sicuramente inferiore o uguale a 2,5 mm ) in generale si potrebbero definire tali e non proprio aperture.
Non risulta vero dall’esame di quanto reso
disponibile che le dimensioni degli scomparti da considerare sono diverse ( 18
) : maggiori per lo scomparto sotto esame ( punto c) dell’elenco di pagg. 145,
148 e 151.
Non risulta vero dall’esame di quanto reso
disponibile che le forme costruttive degli scomparti sono diverse ( 19 ): forma 1 e forma 2 ( punto e) dell’elenco di pagg. 145, 148 e 151 .
Il punto f) è espresso in maniera un po' involuta
in pagg. 145, 148 e 151( 20 ).
Il titolo di tabella E.1 e di tutte le tabelle
dello stesso tipo, cioè E.2, E.3, E.4, E.6 e E.7, non sembra corretto; esso trae in
inganno ( 21 ). Infatti non riporta la “potenza dissipata nello scomparto”, in
quanto manca nell’elenco riportato sicuramente la potenza dissipata nelle
sbarre e nei conduttori.
Le sbarre in tutti gli schemi unifilari
presenti sono male indicate, sono trifasi con neutro e non bifasi come
rappresentato in tutte le figure ( 22 ).
Non
si può non notare che la potenza dissipata dai componenti nelle tabelle E.1,
E.2, E.3, E.4, E.6 e E.7 ( ultima colonna a destra ) viene indicata con due cifre decimali, con
approssimazioni anche del 2 per 10.000 ( 23 ). Ciò abbassa il livello scientifico/tecnico
dell’elaborato. Si pensi al grado di approssimazione, molto modesto, con il
quale ci si muove nella valutazione di tante condizioni a contorno.
Sono presenti due tabelle E.5 ( 24 ). La
seconda che si incontra dovrebbe essere E.8 e non anch’essa E.5.
Le tabelle E.4 e E.7 sono identiche, cioè la
stessa tabella viene presentata (e
venduta ) due volte ( 25 ).
Il titolo della tabella E.5 e di quella che
dovrebbe essere la tabella E.8 è errato ( 26 ). Non sono riportate in tabella
le potenze da verificare, ma invece si riportano le correnti nominali delle
unità funzionali. C’è inoltre in
tabella un valore errato: 320 e non 400 A ( 27 ). L’errore si trascina da una
tabella all’altra e compare perciò anche in quella che dovrebbe essere la
tabella E.8 ( 28 ).
Si
nota nell’allegato E una incongruenza, di cui non si trova spiegazione. Nella
prima delle quattro figure presenti nell’allegato risulta che l’apparecchiatura
da verificare per confronto è equipaggiata con interruttori dotati di
protezione oltre che magnetotermica anche differenziale. Nelle tre corrispondenti
figure successive gli interruttori diventano improvvisamente tutti dotati di sola
protezione magnetotermica ( 29 ).
Non si capisce se si tratta di una ulteriore svista o se tale dettaglio è stato poi
trascurato, senza chiarirlo, ritenendo che la differenza di equipaggiamento
degli interruttori ai fini del computo delle dissipazioni termiche sia
ininfluente. A noi risulta che in una tale situazione si dovrebbe distinguere tra le
varie possibili situazioni ( blocchi differenziali, relè elettronici ), e che la eventuale semplificazione proposta
e non giustificata non sia accettabile.
Per il secondo scomparto dell’apparecchiatura
effettivamente testata il coefficiente di utilizzazione proposto/adottato è
diverso per una buona parte dei circuiti. Si tratta di ben cinque valori
distinti per i dieci interruttori in tutto presenti, dei quali valori non viene
data giustificazione ( 30 ). Il coefficiente di utilizzazione dovrebbe
tener conto in questo contesto del fenomeno del declassamento specifico degli
apparecchi installati all’interno delle apparecchiature e non ha il significato
che ordinariamente dal punto impiantistico gli viene attribuito. Non riesco
a giustificare i valori assunti per il coefficiente di utilizzazione riportati
nelle tabelle E.4 e E.7, se per essi si deve guardare, come detto, al fenomeno
del declassamento degli interruttori in ragione della loro disposizione nello
scomparto. Quanto appena richiamato e proposto in una guida ufficiale del
CEI risulta disorientante per i suoi utenti e se ne chiede ragione.
Non è
chiara inoltre la ragione per cui il coefficiente di utilizzazione adottato per
gli scomparti sotto esame sia costante e pari a 0,8 ( 31 ). Se
effettivamente esso risponde al fenomeno del declassamento dovuto alla
temperatura ambiente all’interno dell’apparecchiatura, entro la quale
l’interruttore si trova, ci si potrebbe attendere che tale coefficiente di
utilizzazione vari con una qualche continuità inversamente all’altezza della
corrispondente unità funzionale, che lo stesso interruttore equipaggia. In
effetti forse non è vietato che si assuma un declassamento uguale per tutti gli
apparecchi installati, indipendentemente dalla loro collocazione all’interno
dello scomparto in esame, però una qualche indicazione e un qualche approfondimento
al riguardo di un tale importante fenomeno da considerare sembrerebbero dovuti
dagli estensori della guida agli utenti della stessa. Al contrario tutti i
punti oscuri della applicazione della norma rimangono sempre tali e mi coglie
il dubbio che si contino nelle dita della mano coloro che sono in grado di
utilizzarla compiutamente con cognizione di causa.
In effetti
l’utilizzo del termine “coefficiente di utilizzazione” per la determinazione
della corrente Inc ( corrente nominale del circuito dello scomparto ) non pare
sia suggerito dalla norma. In effetti ciò che deve essere stabilito dal
costruttore dell’apparecchiatura sono le correnti nominali Inc dei circuiti che
devono risultare maggiori delle corrispondenti IB stabilite dal progettista. Inoltre
il progettista dell’impianto deve stabilire la portata del cavo che costituisce
il circuito e indicare la regolazione del dispositivo di protezione. Dal canto suo il costruttore
dell’apparecchiatura, tenendo conto del declassamento dell’interruttore sulla
base della posizione dallo stesso occupata e del regime termico che si
stabilisce nella condizione più gravosa prevista dalla norma, deve garantire
che l’interruttore possa presentare una corrente regolata, Ind, dopo il
declassamento, tale da soddisfare la condizione Inc ≥ Ind.
Di tutto questo
insieme di condizioni, che risulterebbe di grande interesse per l’utente della
norma non ho al momento ancora colto traccia nella guida. Troppo difficile
affrontare il problema ?
Ho dimostrato
che l’allegato E della guida risulta ben poco curato, pecca di grande
superficialità e sfugge al confronto con le questioni più importanti e doverosamente
da approfondire.
Un documento
ufficiale pubblicato dal Comitato Elettrotecnico Italiano non può presentarsi
nelle condizioni che abbiamo descritto. Sembra che alcune guide siano
pubblicate senza che nessun esperto le controlli prima della loro pubblicazione
in inchiesta pubblica sia per quanto riguarda la forma che i contenuti. Una
tale situazione è molto grave. Potrebbe in futuro accadere che nessun
commentatore/osservatore esterno ponga osservazioni e che il documento, che ho
esaminato, sia pubblicato definitivamente come guida ufficiale CEI con tutte le
gravi imperfezioni e con tutti gli errori, più o meno gravi, che ho esposto.
Inammissibile
!!
Può essere che a chi scrive scappino sviste ed anche errori, ma non può essere che questi non siano poi segnalati e corretti, almeno per la maggior parte.
Può essere che a chi scrive scappino sviste ed anche errori, ma non può essere che questi non siano poi segnalati e corretti, almeno per la maggior parte.
lunedì 13 ottobre 2014
Guida CEI 11-35, esecuzione cabine elettriche MT/BT, UN ERRORE ?
Abbiamo ravvisato un possibile errore nella Guida CEI 11-35 sulla esecuzione delle cabine elettriche MT/BT. Si trovano le relative osservazione al seguente indirizzo:
http://giancarlotedeschi.blogspot.no/2014/10/nuovo-testo-guida-cei-11-35-esecuzione.html.
Inoltre ci si chiede, se quanto ravvisato corrisponde al vero: qualcuno controlla i testi delle norme prima di pubblicarli ??? Ce lo aspetteremmo vista l'autorevolezza di cui godono !!
mercoledì 31 luglio 2013
Protezione dai contatti indiretti a valle degli azionamenti con inverter
Da molti anni ormai si utilizzano inverter per il controllo dei motori asincroni.
Si legge spesso che la protezione dai contatti indiretti anche nel caso di sistemi TN debba effettuarsi installando interruttori differenziali di tipo B o F.
In numerose importanti realtà industriali l'adozione di una simile cautela risulta molto costosa, in quanto molto alto è il numero degli azionamenti in uso controllati da inverter.
Sicuramente l'adozione di una tale misura di sicurezza risolve alla radice il problema.
Visti i costi connessi con l'azione suggerita, è legittimo e doveroso chiederci se non sia il caso di valutare in maniera più approfondita il rischio da elottrocuzione per le persone a seguito di un guasto a massa in ambito industriale ( sistemi TN ).
Forse il rischio è inferiore a quanto non si possa nell'immediato considerare.
Una mirata valutazione di tale rischio sarà oggetto in un prossimo futuro della nostra attenzione.
Restiamo in attesa dai colleghi di osservazioni/contributi.
Si legge spesso che la protezione dai contatti indiretti anche nel caso di sistemi TN debba effettuarsi installando interruttori differenziali di tipo B o F.
In numerose importanti realtà industriali l'adozione di una simile cautela risulta molto costosa, in quanto molto alto è il numero degli azionamenti in uso controllati da inverter.
Sicuramente l'adozione di una tale misura di sicurezza risolve alla radice il problema.
Visti i costi connessi con l'azione suggerita, è legittimo e doveroso chiederci se non sia il caso di valutare in maniera più approfondita il rischio da elottrocuzione per le persone a seguito di un guasto a massa in ambito industriale ( sistemi TN ).
Forse il rischio è inferiore a quanto non si possa nell'immediato considerare.
Una mirata valutazione di tale rischio sarà oggetto in un prossimo futuro della nostra attenzione.
Restiamo in attesa dai colleghi di osservazioni/contributi.
mercoledì 13 febbraio 2013
Art. 2236 codice civile e norme CEI
Può applicarsi l'art. 2236 del codice civile nel caso che il progettista e l'installatore siano chiamati a rispondere della situazione sotto descritta ?
1) gli interruttori automatici posti a protezione dei circuiti a valle di importanti trasformatori MT/BT sono abilitati a interrompere correnti corto circuito il cui cosfi sia superiore o uguale a 0,2;
2) gli importanti trasformatori, di cui sopra, presentano un cosfi sensibilmente più basso a 0,2;
3) l'impianto a monte dei trasformatori e i collegamenti in cavo a valle al Power Center se prossimo ai trasformatori non sono in grado di modificare favorevolmenmte il cosfi;
4) gli interruttori e i quadri elettrici sono in tal caso usati impropriamente e il loro utilizzo non risponde alla regola d'arte vigente in materia di sicurezza e può essere contestato.
Si ricorda che:
a) le norme tecniche non affrontano il problema; i normatori, a nostro avviso, a conoscenza del problema non si sono curati e non si curano di dare risposte ai progettisti e agli installatori;
b) i costruttori, spesso contemporaneamente di trasformatori e di interruttori automatici, rispondono che più che seguire le norme pertinenti non possono fare.
E' chiaro che il costruttore degli interruttori non si assume nessuna responsabilità sull'uso degli interruttori dallo stesso costruiti in impianti il cui cosfi risulti inferiore a 0,2 ( la maggioranza dei casi per trasformatori importanti, da 1000 kVA in su ).
In una simile situazione il progettista può essere accusato nella forma e nella sostanza, come detto, di aver realizzato un impianto che non risponde alla regola d'arte.
Può in tal caso il progettista o l'installatore avvalersi a proprio difesa dell'art. 2236 del codice civile ?
Tale articolo recita : "ATTENUAZIONE DELLA RESPONSABILITA' PER SOLUZIONE DI PROBLEMI TECNICI DI PARTICOLARE DIFFICOLTA' Se la prestazione implica la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, il prestatore d'opera non risponde dei danni, se non in caso di dolo o colpa grave."
Può in tal caso il progettista o l'installatore soccombente rivalersi nei confronti del CEI, Comitato Elettrotecnico Italiano, o dei costruttori di apparecchi e componenti, se cone si può supporre questi sono al corrente del problema e nulla fanno per risolverlo.
1) gli interruttori automatici posti a protezione dei circuiti a valle di importanti trasformatori MT/BT sono abilitati a interrompere correnti corto circuito il cui cosfi sia superiore o uguale a 0,2;
2) gli importanti trasformatori, di cui sopra, presentano un cosfi sensibilmente più basso a 0,2;
3) l'impianto a monte dei trasformatori e i collegamenti in cavo a valle al Power Center se prossimo ai trasformatori non sono in grado di modificare favorevolmenmte il cosfi;
4) gli interruttori e i quadri elettrici sono in tal caso usati impropriamente e il loro utilizzo non risponde alla regola d'arte vigente in materia di sicurezza e può essere contestato.
Si ricorda che:
a) le norme tecniche non affrontano il problema; i normatori, a nostro avviso, a conoscenza del problema non si sono curati e non si curano di dare risposte ai progettisti e agli installatori;
b) i costruttori, spesso contemporaneamente di trasformatori e di interruttori automatici, rispondono che più che seguire le norme pertinenti non possono fare.
E' chiaro che il costruttore degli interruttori non si assume nessuna responsabilità sull'uso degli interruttori dallo stesso costruiti in impianti il cui cosfi risulti inferiore a 0,2 ( la maggioranza dei casi per trasformatori importanti, da 1000 kVA in su ).
In una simile situazione il progettista può essere accusato nella forma e nella sostanza, come detto, di aver realizzato un impianto che non risponde alla regola d'arte.
Può in tal caso il progettista o l'installatore avvalersi a proprio difesa dell'art. 2236 del codice civile ?
Tale articolo recita : "ATTENUAZIONE DELLA RESPONSABILITA' PER SOLUZIONE DI PROBLEMI TECNICI DI PARTICOLARE DIFFICOLTA' Se la prestazione implica la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, il prestatore d'opera non risponde dei danni, se non in caso di dolo o colpa grave."
Può in tal caso il progettista o l'installatore soccombente rivalersi nei confronti del CEI, Comitato Elettrotecnico Italiano, o dei costruttori di apparecchi e componenti, se cone si può supporre questi sono al corrente del problema e nulla fanno per risolverlo.
venerdì 25 gennaio 2013
Protezione contro i fulmini di impianti PV
Scadono il 31 gennaio 2013 i termini dell'inchiesta pubblica del progetto di norma CEI C1112, di competenza del Comitato Tecnico 81, il cui titolo è "Protezione contro i fulmini di impianti fotovoltaici".
La guida CEI 82-25, Guida alla realizzazione di sistemi di generazione fotovoltaica collegati alle reti elettriche di Media e Bassa Tensione, pubblicata 2010-09, da pag. 59 a pag. 63 nel paragrafo 9.2 tratta la protezione da sovratensioni.
La sezione 7 della norma CEI 64-8, al paragrafo 712 tratta dei "Sistemi fotovoltaici ( PV ) di alimentazione". Al punto 712.444 si tratta della "Protezione contro le interferenze elettromagnetiche ( EMI ) negli edifici".
E' lecito il dubbio per il povero tecnico: se in troppi ci mettono le mani, ne può uscire la solita confusione, a spese del progettista che per organizzare e conciliare i disposti normativi deve spendere più soldi e perdere più tempo.
Qualche commento tanto per cominciare.
Perchè il punto 9.2 della norma CEI 82-25 si intitola "le protezioni da sovratensioni" e poi si occupa solo di sovratensioni dovute ai fulmini? Questa osservazione non è banale e avremo modo di considerarne in altre circostanze alcune implicazione che non giovano all'obiettivo di garantire la sicurezza, cui la norma tecnica ambisce.
Perchè la norma CEI 64-8 si occupa di "interferenze elettromagnetiche ( EMI)" e non si riferisce come le altre norme ai fulmini, visto anche che nell'unico articolo sottoriportato ( art. 712.444. 4.4 ) si riferisce a tensioni indotte dai fulmini ?
Perchè il punto 712.444 riguarda solo gli edifici? La sezione 712 della norma CEI 64-8 non si applicain generale a tutti i tipi di impianti fotovoltaici? Perchè si usa la dizione "negli edifici" ? Non sarebbe in ogni caso più appropriato eventualmente usare la dizione "sugli edifici"?
Si potrebbe inoltre dimostrare, al contrario di quanto sembra di capire dalla lettura dell'articolo predetto ( art. 712.444. 4.4 ), che se anche "la superficie di tutti gli anelli formati dalle condutture" fosse molto grande, le tensioni indotte da fulmini potrebbero risultare ridotte al minimo. C'è un errore a nostro avviso nell'enunciazione dell'articolo. E' abbastanza facile individuarlo. Non dovrebbe accadere che un testo normativo ufficiale possa incappare in errori abbastanza evidenti, come quello che riteniamo di aver notato.
Forse ancora una volta si dimostra che non esiste un controllo di qualità del prodotto normativo all'altezza della situazione, come invece noi ci aspetteremmo e che il Comitato Elettrotecnico Italiano, CEI, dovrebbe assolutamente garantire.
La guida CEI 82-25, Guida alla realizzazione di sistemi di generazione fotovoltaica collegati alle reti elettriche di Media e Bassa Tensione, pubblicata 2010-09, da pag. 59 a pag. 63 nel paragrafo 9.2 tratta la protezione da sovratensioni.
La sezione 7 della norma CEI 64-8, al paragrafo 712 tratta dei "Sistemi fotovoltaici ( PV ) di alimentazione". Al punto 712.444 si tratta della "Protezione contro le interferenze elettromagnetiche ( EMI ) negli edifici".
E' lecito il dubbio per il povero tecnico: se in troppi ci mettono le mani, ne può uscire la solita confusione, a spese del progettista che per organizzare e conciliare i disposti normativi deve spendere più soldi e perdere più tempo.
Qualche commento tanto per cominciare.
Perchè il punto 9.2 della norma CEI 82-25 si intitola "le protezioni da sovratensioni" e poi si occupa solo di sovratensioni dovute ai fulmini? Questa osservazione non è banale e avremo modo di considerarne in altre circostanze alcune implicazione che non giovano all'obiettivo di garantire la sicurezza, cui la norma tecnica ambisce.
Perchè la norma CEI 64-8 si occupa di "interferenze elettromagnetiche ( EMI)" e non si riferisce come le altre norme ai fulmini, visto anche che nell'unico articolo sottoriportato ( art. 712.444. 4.4 ) si riferisce a tensioni indotte dai fulmini ?
Perchè il punto 712.444 riguarda solo gli edifici? La sezione 712 della norma CEI 64-8 non si applicain generale a tutti i tipi di impianti fotovoltaici? Perchè si usa la dizione "negli edifici" ? Non sarebbe in ogni caso più appropriato eventualmente usare la dizione "sugli edifici"?
Si potrebbe inoltre dimostrare, al contrario di quanto sembra di capire dalla lettura dell'articolo predetto ( art. 712.444. 4.4 ), che se anche "la superficie di tutti gli anelli formati dalle condutture" fosse molto grande, le tensioni indotte da fulmini potrebbero risultare ridotte al minimo. C'è un errore a nostro avviso nell'enunciazione dell'articolo. E' abbastanza facile individuarlo. Non dovrebbe accadere che un testo normativo ufficiale possa incappare in errori abbastanza evidenti, come quello che riteniamo di aver notato.
Forse ancora una volta si dimostra che non esiste un controllo di qualità del prodotto normativo all'altezza della situazione, come invece noi ci aspetteremmo e che il Comitato Elettrotecnico Italiano, CEI, dovrebbe assolutamente garantire.
venerdì 8 giugno 2012
Terremoti, fulmini, sicurezza e valutazione del rischio
E' evidente che le mappe che indicano il grado di sismicità dei luoghi in Italia devono essere aggiornate.
E' di gran moda oggi nelle aziende la valutazione del rischio dovuto alle fulminazioni dirette e indirette.
Mi riferisco principalmente al rischio per la salute e la vita delle persone.
La norma tecnica del Comitato Elettrotecnico Italiano ( CEI ) oggi in vigore, che informa sulla frequenza dei fulmini a terra in Italia da considerare per ottenere la corrispondente valutazione quantitativa del rischio è molto datata.
Mi risulta invece che il SIRF disponga da molti anni ormai di dati relativi alla frequenza dei fulmini a terra in Italia molto aggiornati e ben più affiodabili.
Da tecnico ritengo che dovrebbero essere diffusi i nuovi dati anche solo per garantire una maggior sicurezza per la salute e la vita delle persone, visto che la norma tecnica da applicare consente di determinare le cautele da adottare per ridurre il conseguente rischio a valori accettabili.
D'altro canto i nuovi dati se da riferire a frequenze dei fulmini a terra inferiori consentirebbero ai nostri imprenditori e in genere ai cittadini di risparmiare investimenti in tempi di grave crisi.
Come mai dati così importanti non sono messi a disposizione della comunità ?
E' evidente che non è così che si raggiunge l'obiettivo di una maggior sicurezza. Le risorse, già modestissime, dovrebbero trovare impiego dove i rischi sono più elevati.
Chiedo ragione a chi dovere della situazione che ho descritto.
Chiedo conforto ai colleghi.
E' di gran moda oggi nelle aziende la valutazione del rischio dovuto alle fulminazioni dirette e indirette.
Mi riferisco principalmente al rischio per la salute e la vita delle persone.
La norma tecnica del Comitato Elettrotecnico Italiano ( CEI ) oggi in vigore, che informa sulla frequenza dei fulmini a terra in Italia da considerare per ottenere la corrispondente valutazione quantitativa del rischio è molto datata.
Mi risulta invece che il SIRF disponga da molti anni ormai di dati relativi alla frequenza dei fulmini a terra in Italia molto aggiornati e ben più affiodabili.
Da tecnico ritengo che dovrebbero essere diffusi i nuovi dati anche solo per garantire una maggior sicurezza per la salute e la vita delle persone, visto che la norma tecnica da applicare consente di determinare le cautele da adottare per ridurre il conseguente rischio a valori accettabili.
D'altro canto i nuovi dati se da riferire a frequenze dei fulmini a terra inferiori consentirebbero ai nostri imprenditori e in genere ai cittadini di risparmiare investimenti in tempi di grave crisi.
Come mai dati così importanti non sono messi a disposizione della comunità ?
E' evidente che non è così che si raggiunge l'obiettivo di una maggior sicurezza. Le risorse, già modestissime, dovrebbero trovare impiego dove i rischi sono più elevati.
Chiedo ragione a chi dovere della situazione che ho descritto.
Chiedo conforto ai colleghi.
lunedì 4 luglio 2011
Interruttori e cosfi. Un contributo alla sicurezza elettrica. Invito al CEI
Ritengo che sul problema, che attiene alla sicurezza elettrica, per il quale accade sempre più frequentemente che nella progettazione e nella realiozzazione degli impianti elettrici di potenza si scelgano gli interruttori automatici senza tener conto del cosfi, cui il potere di interruzione va riferito, non sia stato fatto da chi di dovere quanto possibile per escludere errori di progettazione in qualche misura "nascosti ".
Per i progettisti più attenti scrivo appena sotto il link che consente di leggere la lettera che il prof. Giuseppe Parise ( Università La Sapienza di Roma ) scrisse al Direttore della rivista AEIT presso la quale nel lontano 1999 sollevai il problema: http://www.angelfire.com/al/CommissioneElettrica/letaeicei.html
Cosa costava ai normatori aggiungere nella norma CEI 64-8 un comma di attenzione sul problema ed evitare così che centinaia di impianti, se non di più, risultassero non a regola d'arte e in qualche modo pericolosi? Trovo che il comportamento degli esperti normatori del CEI non risponda alle attese, se si ritiene, come il buon senso a tutti suggerisce, che essi debbano adoperarsi al massimo perchè gli impianti da realizzare risultino sicuri.
Forse aggiungere un solo comma alla norma CEI 64-8, che imponesse di verificare il cosfi nella scelta degli interruttori automatici a protezione dei circuiti, sarebbe stato troppo faticoso e/o difficile? Non trovo invero giustificazione a tanta ignavia.
Ammettere praticamente un errore non sarebbe stata comunque la fine del mondo!
Non vogliamo ancor oggi aiutare i progettisti meno preparati?
Non vogliamo proprio aiutare gli installatori e i reparti manutentivi delle fabbriche, che ogni qual volta aggiungono interruttori non idonei all'interno di quadri elettrici, senza il richiesto progetto di un professionista abilitato, li scelgono di prestazioni pari a quelle degli interruttori già installati, assumendosi in proprio la gran parte della resonsabilità, ignorando il pericolo?
Cosa costa rendere palese il rischio ?
Per i progettisti più attenti scrivo appena sotto il link che consente di leggere la lettera che il prof. Giuseppe Parise ( Università La Sapienza di Roma ) scrisse al Direttore della rivista AEIT presso la quale nel lontano 1999 sollevai il problema: http://www.angelfire.com/al/CommissioneElettrica/letaeicei.html
Cosa costava ai normatori aggiungere nella norma CEI 64-8 un comma di attenzione sul problema ed evitare così che centinaia di impianti, se non di più, risultassero non a regola d'arte e in qualche modo pericolosi? Trovo che il comportamento degli esperti normatori del CEI non risponda alle attese, se si ritiene, come il buon senso a tutti suggerisce, che essi debbano adoperarsi al massimo perchè gli impianti da realizzare risultino sicuri.
Forse aggiungere un solo comma alla norma CEI 64-8, che imponesse di verificare il cosfi nella scelta degli interruttori automatici a protezione dei circuiti, sarebbe stato troppo faticoso e/o difficile? Non trovo invero giustificazione a tanta ignavia.
Ammettere praticamente un errore non sarebbe stata comunque la fine del mondo!
Non vogliamo ancor oggi aiutare i progettisti meno preparati?
Non vogliamo proprio aiutare gli installatori e i reparti manutentivi delle fabbriche, che ogni qual volta aggiungono interruttori non idonei all'interno di quadri elettrici, senza il richiesto progetto di un professionista abilitato, li scelgono di prestazioni pari a quelle degli interruttori già installati, assumendosi in proprio la gran parte della resonsabilità, ignorando il pericolo?
Cosa costa rendere palese il rischio ?
giovedì 9 giugno 2011
Norma CEI 11-35, ed. ottobre 1996. Un grave errore ?
Ho letto per lavoro nella norma CEI 11-35 ( ottobre 1996 ), “Guida all’esecuzione delle cabine elettriche d’utente”, a pag. 15, quanto segue: “ 5.1.2 L’ubicazione in zone con pericolo di esplosione o a rischio di incendio è permesso solo per cabine pressurizzate in accordo alle norme CEI 64-2, Capitolo 8, Guida CEI 31-25, CEI 64-8 Sez. 751 “.
Non mi riesce di capire il nesso tra le cabine pressurizzate e le zone a rischio di incendio in cui la cabina dovrebbe essere installata.
Propongo le seguenti osservazioni:
1) installare una cabina MT/BT in zone con pericolo di esplosione riguarda certo casi specialissimi, si può capire il cenno che la guida dedica a tale particolare situazione;
2) non conosciamo invece i luoghi “a rischio di incendio “: sono forse quelli “a maggior rischio in caso di incendio”, di cui appunto tratta la richiamata nel testo sezione 751 della norma CEI 64-8; tali due termini sono molto diversi tra loro e a rigore rendono conto di due situazioni notevolmente diverse; cosa intendeva veramente il normatore ? Il cenno alla sezione 751 della norma CEI 64-8 fa intendere che l’esperto normatore si sia sbagliato;
3) la sezione 751 della norma CEI 64-8 tratta di edifici frequentati dal pubblico, di costruzioni in materiale combustibile, come legno, e soprattutto di compartimenti in edifici che dal punto di vista antincendio sono superiori o uguali alla classe 30: resta comunque una grande differenza tra “zona a rischio di incendio” e “luoghi a maggior rischio in caso di incendio”.
Personalmente ritengo che una cabina MT/BT si possa installare in luoghi a maggior rischio in caso di incendio rispettando alcune regole di buon senso. Mi risulta meno comprensibile la facoltà di installare una cabina MT/BT pressurizzata nel bel mezzo di consistenti quantità di materiale combustibile.
Spero che qualche lettore mi possa aiutare ad interpretare al meglio l’articolo della norma che ho citato.
Se ho ragione a lamentarmi e se è vero che non si può essere esperti di tutto e che qualche errore può scappare, è inammissibile però che i documenti che ci vengono proposti a così alto livello, con costi notevoli, non siano almeno riletti da altri esperti in grado di correggere quelle sviste in cui inevitabilmente si può incappare.
E' uscita la nuova edizione ? L'errore è stato almeno corretto?
Non mi riesce di capire il nesso tra le cabine pressurizzate e le zone a rischio di incendio in cui la cabina dovrebbe essere installata.
Propongo le seguenti osservazioni:
1) installare una cabina MT/BT in zone con pericolo di esplosione riguarda certo casi specialissimi, si può capire il cenno che la guida dedica a tale particolare situazione;
2) non conosciamo invece i luoghi “a rischio di incendio “: sono forse quelli “a maggior rischio in caso di incendio”, di cui appunto tratta la richiamata nel testo sezione 751 della norma CEI 64-8; tali due termini sono molto diversi tra loro e a rigore rendono conto di due situazioni notevolmente diverse; cosa intendeva veramente il normatore ? Il cenno alla sezione 751 della norma CEI 64-8 fa intendere che l’esperto normatore si sia sbagliato;
3) la sezione 751 della norma CEI 64-8 tratta di edifici frequentati dal pubblico, di costruzioni in materiale combustibile, come legno, e soprattutto di compartimenti in edifici che dal punto di vista antincendio sono superiori o uguali alla classe 30: resta comunque una grande differenza tra “zona a rischio di incendio” e “luoghi a maggior rischio in caso di incendio”.
Personalmente ritengo che una cabina MT/BT si possa installare in luoghi a maggior rischio in caso di incendio rispettando alcune regole di buon senso. Mi risulta meno comprensibile la facoltà di installare una cabina MT/BT pressurizzata nel bel mezzo di consistenti quantità di materiale combustibile.
Spero che qualche lettore mi possa aiutare ad interpretare al meglio l’articolo della norma che ho citato.
Se ho ragione a lamentarmi e se è vero che non si può essere esperti di tutto e che qualche errore può scappare, è inammissibile però che i documenti che ci vengono proposti a così alto livello, con costi notevoli, non siano almeno riletti da altri esperti in grado di correggere quelle sviste in cui inevitabilmente si può incappare.
E' uscita la nuova edizione ? L'errore è stato almeno corretto?
lunedì 30 maggio 2011
Le norme CEI, la trasparenza e la partecipazione. Possiamo migliorare !
Scorrendo un articolo della rivista AEIT ( 2006 ) sui riferimenti normativi ( CS, Consensus Standard ) presenti negli Stati Uniti in materia di protezione dall'arco elettrico, ho letto quanto segue: " .... La scrittura dei CS è affidata a gruppi di lavoro d'eccellenza di specialisti volontari ( spesso di ambiente accademico ), e i pricipi che ne caratterizzano il processo di approvazione sono la possibilità di partecipare allo sviluppo per tutti i portatori di interesse che in qualche modo sono coinvolti dall'applicazione dello standard stesso, la trasparenza nello sviluppo ( tutte le fasi di elaborazione sono pubbliche e sono disponibili a tutti le memorie dei lavori dei comitati tecnici), il consenso ( l'approvazione, seppur non unanime, deve avvenire con una larghissima maggioranza ) e infine un processo scritto di revisione volto ad evidenziarne eventuali debolezze."
A mio parere quanto sembra avvenire negli Stati Uniti è molto diverso da quanto avviene in Italia. Certamente vige in America un iter molto più formativo per tutti quei tecnici che amassero approfondire i fondamenti dell'ottenimento senza sprechi della sicurezza.
Perchè non si può promuovere anche in Italia qualcosa di simile ??
A mio parere quanto sembra avvenire negli Stati Uniti è molto diverso da quanto avviene in Italia. Certamente vige in America un iter molto più formativo per tutti quei tecnici che amassero approfondire i fondamenti dell'ottenimento senza sprechi della sicurezza.
Perchè non si può promuovere anche in Italia qualcosa di simile ??
venerdì 27 maggio 2011
Il cosfi e gli impianti fotovoltaici. La norma CEI 64-8 tace.
Il rischio elettrico da ben valutare che spesso si incontra negli impianti elettrici di media e grande potenza, per il quale il potere di interruzione dell’interruttore automatico installato è sì maggiore della corrente di corto circuito presunta, ma contestualmente il cosfi con cui essa si presenta risulta inferiore a quello con cui l'interruttore stesso è stato provato dal suo costruttore e quindi per il quale è abilitato, è particolarmente sentito nel caso degli impianti fotovoltaici. -Si sa che negli impianti fotovoltaici di media-grande potenza si mettono in gioco tutte le azioni utili al raggiungimento di rendimenti elevati. Si utilizzano pertanto conduttori di sezione abbondante e soprattutto trasformatori MT/BT a basse perdite. Con ciò inevitabilmente l’impianto incorre nella situazione rischiosa sopra richiamata e a detta degli stessi esperti del CEI da me interpellati non siamo in grado di valutare il grado di rischio, in cui tutti veniamo coscientemente o incoscientemente a trovarci.
Strano che di fronte ad una situazione di rischio indefinita, nessuno, nemmeno gli stessi normatori del CEI, si mettano fretta a definirla e a stabilire il da farsi per valutarlo e ridurlo come recita il DLgs 81/08. Che senso ha definire il potere di interruzione degli interruttori a un certo cosfi, se quest'ultimo non influisce sulla sicurezza della sua azione?
Dobbiamo aspettare altri dieci anni per vedere risolta la questione !
Possiamo applicare il comportamento, che nel caso specifico del cosfi viene concretamente ammesso, anche in altre situazioni: perciò, se anche non è provato che i dispositivi che prevediamo di installare sono in grado di superare le prove, cui possono essere sottoposti in campo, possiamo installarli lo stesso.
Strano che di fronte ad una situazione di rischio indefinita, nessuno, nemmeno gli stessi normatori del CEI, si mettano fretta a definirla e a stabilire il da farsi per valutarlo e ridurlo come recita il DLgs 81/08. Che senso ha definire il potere di interruzione degli interruttori a un certo cosfi, se quest'ultimo non influisce sulla sicurezza della sua azione?
Dobbiamo aspettare altri dieci anni per vedere risolta la questione !
Possiamo applicare il comportamento, che nel caso specifico del cosfi viene concretamente ammesso, anche in altre situazioni: perciò, se anche non è provato che i dispositivi che prevediamo di installare sono in grado di superare le prove, cui possono essere sottoposti in campo, possiamo installarli lo stesso.
giovedì 19 maggio 2011
Buco nella norma CEI 64-8 ?

La scelta degli interruttori automatici. Un buco nella norma CEI 64-8.
Prosegue la mia battaglia a favore di una maggior sicurezza degli impianti elettrici e a favore della professionalità e competenza dei colleghi progettisti liberi professionisti e dipendenti degli uffici tecnici delle imprese installatrici.
Per ragioni di lavoro ho riesumato un catalogo tecnico dell’interruttore NOVOMAX della Sace. Il catalogo risale al 1985. Allego copia della facciata, che ne descrive le caratteristiche tecniche elettriche. Vi prego di osservare come in corrispondenza del potere di interruzione simmetrico nominale si indica esplicitamente che esso è da riferire a un cosfi pari a 0,2 o superiore. Anzi per il tipo G2 una nota, precisamente la nota (2), avverte che esso è da riferire a un cosfi pari a 0,25 o superiore in caso il sistema elettrico presenti una tensione nominale superiore.
Tali precisazioni ci lasciano molto impauriti per le responsabilità che ci assumiamo ogni qualvolta prevediamo simili, ma attuali interruttori ( le norme CEI di riferimento non pare abbiano modificato il cosfi di riferimento ! ), immediatamente a valle di un trasformatore, ad esempio, da 1250 kVA. Si pensi che con trasformatori a basse perdite e a freddo i cosfi delle corrispondenti correnti di corto circuito possono scendere a 0,15.
Ci si chiede come è spiegabile che i normatori pur sapendo da 15 anni della sussistenza del problema, che sto richiamando, non abbiano pensato di dover sollevare da gravi responsabilità i progettisti e gli installatori, che, anche senza riferirci a gravi danni a persone e a cose, non avrebbero scampo da possibili “incontestabili” contestazioni. Se i costruttori stessi ci fanno notare che per certi interruttori il cosfi di riferimento non è quello richiesto dalla norma ( 0,20 ), ma addirittura un cosfi ad esso superiore ( 0,25 ), a quale titolo il progettista dovrebbe permettersi di prevedere l’utilizzo di un interruttore su correnti di corto con cosfi pari a 0,15, che pur si possono/devono ipotizzare.
Aspettiamo che i normatori e/o i costruttori battano un colpo.
giovedì 28 aprile 2011
La norma CEI 64-8 e il potere di interruzione
Circa il problema di garantire la sicurezza nell'utilizzo degli interruttori automatici nei quadri elettrici importanti posti immediatamente a valle dei trasformatori nelle cabine MT/BT trattato già molte volte in passato e negli interventi del 9 e 12 marzo 2011 abbiamo ricevuto un contributo molto interessante anche dal sig. Massimo Gandini.
Ritengo utile riportare tale contributo per ulteriori necessari approfondimenti.
Ecco le osservazioni del sig. Massimo Gandini, che ringrazio.
"ripropongo quanto avevo scritto sulla risposta relativa ai quadri elettrici che una volta confermata come post è scomparsa (fortuna che l'avevo copiata negli appunti) Io sono un semplice perito industriale e non ho nessuna pretesa di confutare le sue tesi. Non ho nemmeno la qualifica di “progettista”, però posso portarle come contributo la mia più che ventennale esperienza nella realizzazione di quadri di media e bassa tensione. Abbiamo realizzato centinaia di power center e ho seguito la vita operativa di queste apparecchiature in un considerevole arco di anni. Premetto che da alcuni anni, almeno in Italia, la presenza di correnti di corto circuito importanti dovrebbe essere una rarità. Le varie DK5600 avevano introdotto limiti di potenza dei trasformatori per scongiurare scatti delle protezioni di media in seguito a un cortocircuito sulla bassa tensione. Tali limiti sono stati poi confermati dalla CEI 0-16. Il valore delle correnti di corto circuito nella generalità dei casi è quindi modesto, ovvio esistono eccezioni ma sono appunto tali. Resta il problema del cosfi da lei evidenziato. In piu di 20 anni ho assistito a un numero consistente di cortocircuiti franchi sulle sbarre dei power center (dovuti alla classica dimenticanza della chiave dinamometrica utilizzata per assemblare le varie sezioni del quadro in cantiere) e a cortocircuiti sulle linee in partenza. In tutti gli eventi e i guasti piu o meno catastrofici ,di cui ho avuto notizia e di cui sono stato testimone delle conseguenze, non è mai successo che un interruttore automatico si fosse danneggiato durante l’apertura per cortocircuito. Eppure secondo quanto lei scrive il pericolo della distruzione dell’interruttore dovrebbe essere costantemente in agguato. Quadri con correnti di cortocircuito vicine ai 100KA con le sbarre omnibus messe in contatto dalla famigerata chiave dinamometrica non hanno riportato danni significativi, l’interruttore aperto ha eliminato il guasto , la chiave completamente fusa ha proiettato i suoi frammenti incandescenti sulle segregazioni che sono state sostituite. L’interruttore avrebbe dovuto fallire il suo compito e invece sembra averlo assolto senza nessuna difficoltà. Provo a fare qualche considerazione empirica di cui lei riterrà se può essere piu o meno plausibile. Prima di tutto le correnti di cortocircuito sono presunte. Quando avviene un guasto reale ritengo che il suo valore sia incommensurabilmente minore di quello presunto. Il discorso sarebbe lungo ma le varie considerazioni che si possono fare sono scontate e le risparmio ragionamenti ovvi di cui lei , per altro avrà una conoscenza piu approfondita del sottoscritto. Per quanto riguarda il cosfi penso piu o meno la stessa cosa. Forse si dovrebbero considerare l’impedenza del guasto e la stessa impedenza dell’apparecchio di interruzione che probabilmente hanno diciamo cosi un effetto “rifasante”. Non ho nessuna base scientifica per affermare quanto ho appena riportato, dal punto di vista teorico il suo discorso non fa una grinza ma poi l’effetto pratico credo sia diverso . In qualche modo questa dicotomia credo vada spiegata, oppure ci troviamo davanti a una classica antinomia.
23.04.2011"
Mi riprometto nel futuro prossimo di riprendere l'esame della sconcertante situazione, che da anni richiederebbe un intervento "di risanamento" del CEI apparentemente semplice e poco costoso, ma che non viene. Come mai ?
Cercheremo di rispondere a questa domanda.
Ricordo al momento che se qualche incidente grave dovesse accadere su quadri elettrici di potenza, un primo appunto negativo certamente potrebbe essere rivolto al progettista/costruttore che non avesse appurato anche la compatibilità dell'interruttore con il presunto cosfi della corrente di corto circuito presunta.
I costruttori che ho interpellato sul problema non mi sono mai stati di aiuto.Per iscritto evitano di pronunciarsi.
Mi sembra il caso di richiamarli insieme ai normatori con garbo alle loro responsabilità, visto che in pratica le norme tecniche sugli apparecchi che costruiscono dipendono sostanzialmente da loro stessi.
Ritengo utile riportare tale contributo per ulteriori necessari approfondimenti.
Ecco le osservazioni del sig. Massimo Gandini, che ringrazio.
"ripropongo quanto avevo scritto sulla risposta relativa ai quadri elettrici che una volta confermata come post è scomparsa (fortuna che l'avevo copiata negli appunti) Io sono un semplice perito industriale e non ho nessuna pretesa di confutare le sue tesi. Non ho nemmeno la qualifica di “progettista”, però posso portarle come contributo la mia più che ventennale esperienza nella realizzazione di quadri di media e bassa tensione. Abbiamo realizzato centinaia di power center e ho seguito la vita operativa di queste apparecchiature in un considerevole arco di anni. Premetto che da alcuni anni, almeno in Italia, la presenza di correnti di corto circuito importanti dovrebbe essere una rarità. Le varie DK5600 avevano introdotto limiti di potenza dei trasformatori per scongiurare scatti delle protezioni di media in seguito a un cortocircuito sulla bassa tensione. Tali limiti sono stati poi confermati dalla CEI 0-16. Il valore delle correnti di corto circuito nella generalità dei casi è quindi modesto, ovvio esistono eccezioni ma sono appunto tali. Resta il problema del cosfi da lei evidenziato. In piu di 20 anni ho assistito a un numero consistente di cortocircuiti franchi sulle sbarre dei power center (dovuti alla classica dimenticanza della chiave dinamometrica utilizzata per assemblare le varie sezioni del quadro in cantiere) e a cortocircuiti sulle linee in partenza. In tutti gli eventi e i guasti piu o meno catastrofici ,di cui ho avuto notizia e di cui sono stato testimone delle conseguenze, non è mai successo che un interruttore automatico si fosse danneggiato durante l’apertura per cortocircuito. Eppure secondo quanto lei scrive il pericolo della distruzione dell’interruttore dovrebbe essere costantemente in agguato. Quadri con correnti di cortocircuito vicine ai 100KA con le sbarre omnibus messe in contatto dalla famigerata chiave dinamometrica non hanno riportato danni significativi, l’interruttore aperto ha eliminato il guasto , la chiave completamente fusa ha proiettato i suoi frammenti incandescenti sulle segregazioni che sono state sostituite. L’interruttore avrebbe dovuto fallire il suo compito e invece sembra averlo assolto senza nessuna difficoltà. Provo a fare qualche considerazione empirica di cui lei riterrà se può essere piu o meno plausibile. Prima di tutto le correnti di cortocircuito sono presunte. Quando avviene un guasto reale ritengo che il suo valore sia incommensurabilmente minore di quello presunto. Il discorso sarebbe lungo ma le varie considerazioni che si possono fare sono scontate e le risparmio ragionamenti ovvi di cui lei , per altro avrà una conoscenza piu approfondita del sottoscritto. Per quanto riguarda il cosfi penso piu o meno la stessa cosa. Forse si dovrebbero considerare l’impedenza del guasto e la stessa impedenza dell’apparecchio di interruzione che probabilmente hanno diciamo cosi un effetto “rifasante”. Non ho nessuna base scientifica per affermare quanto ho appena riportato, dal punto di vista teorico il suo discorso non fa una grinza ma poi l’effetto pratico credo sia diverso . In qualche modo questa dicotomia credo vada spiegata, oppure ci troviamo davanti a una classica antinomia.
23.04.2011"
Mi riprometto nel futuro prossimo di riprendere l'esame della sconcertante situazione, che da anni richiederebbe un intervento "di risanamento" del CEI apparentemente semplice e poco costoso, ma che non viene. Come mai ?
Cercheremo di rispondere a questa domanda.
Ricordo al momento che se qualche incidente grave dovesse accadere su quadri elettrici di potenza, un primo appunto negativo certamente potrebbe essere rivolto al progettista/costruttore che non avesse appurato anche la compatibilità dell'interruttore con il presunto cosfi della corrente di corto circuito presunta.
I costruttori che ho interpellato sul problema non mi sono mai stati di aiuto.Per iscritto evitano di pronunciarsi.
Mi sembra il caso di richiamarli insieme ai normatori con garbo alle loro responsabilità, visto che in pratica le norme tecniche sugli apparecchi che costruiscono dipendono sostanzialmente da loro stessi.
mercoledì 6 aprile 2011
Impianti fotovoltaici - Norma CEI 82-25 – DM 37/08
Impianti fotovoltaici - Norma CEI 82-25 – DM 37/08
In un buon numero di situazioni non si applica il DM 37/2008 agli impianti fotovoltaici.
La norma CEI 82-25, 2010-09 all’art. 12.1 chiede che un tecnico, ove occorra abilitato, emetta la dichiarazione di conformità ai sensi del DM 37/08. Il documento con gli altri otto dovrà essere disponibile presso l’impianto fotovoltaico e custodito dal committente.
E se all’impianto non si applica il DM 37/08, si è esonerati dall’obbligo di presentare/raccoglire una dichiarazione di rispondenza dell’impianto realizzato alla regola d’arte ?
In un buon numero di situazioni non si applica il DM 37/2008 agli impianti fotovoltaici.
La norma CEI 82-25, 2010-09 all’art. 12.1 chiede che un tecnico, ove occorra abilitato, emetta la dichiarazione di conformità ai sensi del DM 37/08. Il documento con gli altri otto dovrà essere disponibile presso l’impianto fotovoltaico e custodito dal committente.
E se all’impianto non si applica il DM 37/08, si è esonerati dall’obbligo di presentare/raccoglire una dichiarazione di rispondenza dell’impianto realizzato alla regola d’arte ?
giovedì 24 marzo 2011
IL POTERE DI INTERRUZIONE E IL COSFI. Norma Cei En 60947-2, CEI 64-8
Sul problema nel passato e anche di recente da noi sollevato relativamente all'utilizzo insicuro degli interruttori automatici quando soggetti a correnti di corto circuito con cosfi inferiori a quelli di targa, come di regola avviene a valle dei trasformatori di media e alta potenza nelle cabine di trasformazione, abbiamo ricevuto una cortese risposta dal Comitato Elettrotecnico Italiano.
Vi proponiamo pari pari il testo della parte principale della risposta:
"...........; per la risposta sono stati interpellati esperti del Comitato Tecnico per le norme degli impianti elettrici utilizzatori, nonché esperti appartenenti ad aziende costruttrici di interruttori. Per avere un quadro completo il più completo possibile della situazione è stata consultata anche la Norma CEI EN 50160 “Caratteristiche della tensione fornita dalle reti pubbliche di distribuzione dell’energia elettrica”, pensando che in questa norma fossero indicati elementi utili per una risposta. Purtroppo da questo punto di vista non è emerso nulla di significativo.
Dopo questa doverosa premessa la informiamo che non è possibile affermare la rispondenza o meno alla regola dell’arte di un impianto elettrico che risponde alle caratteristiche indicate nel suo quesito, tuttavia, per valori di cosfì inferiori a 0,2 (per esempio 0,15) è necessario interpellare il costruttore del dispositivo di protezione utilizzato. La Norma CEI EN 60947-2 tiene conto come dato di riferimento del cosfì, il valore di 0,2. ................... ".
Credo che molte siano le riflessioni che possiamo trarre dalla risposta, che abbiamo ricevuto dagli esperti del CEI, che al di là dei contenuti ben poco tranquillizzati, ci sentiamo in dovere di ringraziare.
Certamente ci sarà in un prossimo futuro ragione di risentirci per gli opportuni/doverosi approfondimenti.
Aspettiamo contributi.
Vi proponiamo pari pari il testo della parte principale della risposta:
"...........; per la risposta sono stati interpellati esperti del Comitato Tecnico per le norme degli impianti elettrici utilizzatori, nonché esperti appartenenti ad aziende costruttrici di interruttori. Per avere un quadro completo il più completo possibile della situazione è stata consultata anche la Norma CEI EN 50160 “Caratteristiche della tensione fornita dalle reti pubbliche di distribuzione dell’energia elettrica”, pensando che in questa norma fossero indicati elementi utili per una risposta. Purtroppo da questo punto di vista non è emerso nulla di significativo.
Dopo questa doverosa premessa la informiamo che non è possibile affermare la rispondenza o meno alla regola dell’arte di un impianto elettrico che risponde alle caratteristiche indicate nel suo quesito, tuttavia, per valori di cosfì inferiori a 0,2 (per esempio 0,15) è necessario interpellare il costruttore del dispositivo di protezione utilizzato. La Norma CEI EN 60947-2 tiene conto come dato di riferimento del cosfì, il valore di 0,2. ................... ".
Credo che molte siano le riflessioni che possiamo trarre dalla risposta, che abbiamo ricevuto dagli esperti del CEI, che al di là dei contenuti ben poco tranquillizzati, ci sentiamo in dovere di ringraziare.
Certamente ci sarà in un prossimo futuro ragione di risentirci per gli opportuni/doverosi approfondimenti.
Aspettiamo contributi.
mercoledì 9 marzo 2011
Norma CEI 64-8, scelta del potere di interruzione
Sulla questione della scelta del potere di interruzione degli interruttori automatici in relazione al fattore di potenza del circuito abbiamo rivolto una precisa domanda al Comitato Elettrotecnico Italiano e siamo in attesa da mesi ormai di una risposta chiarificatrice.
Ricordiamo che il prof. Vito Carrescia nel suo testo Elettrquesiti 2, afferma : “ …. Nella scelta del dispositivo di protezione contro corto circuito si può pertanto prescindere dal fattore di potenza, a meno che non si abbiano validi motivi per ritenere che il fattore di potenza nel caso specifico sia inferiore a quello assunto nelle norme. ……”.
Ora la constatazione che tutti i trasformatori di potenza MT/BT del tipo a perdite ridotte presentano un cosfi inferiore a quello, per cui gli interruttori di potere di interruzione apparentemente/convenzionalmente adeguato sono abilitati, costituisce un valido motivo per non prescindere dallo stesso nella scelta del potere di interruzione degli interruttori di protezione automatici?
Io penso di sì. E voi ?
Ricordiamo che il prof. Vito Carrescia nel suo testo Elettrquesiti 2, afferma : “ …. Nella scelta del dispositivo di protezione contro corto circuito si può pertanto prescindere dal fattore di potenza, a meno che non si abbiano validi motivi per ritenere che il fattore di potenza nel caso specifico sia inferiore a quello assunto nelle norme. ……”.
Ora la constatazione che tutti i trasformatori di potenza MT/BT del tipo a perdite ridotte presentano un cosfi inferiore a quello, per cui gli interruttori di potere di interruzione apparentemente/convenzionalmente adeguato sono abilitati, costituisce un valido motivo per non prescindere dallo stesso nella scelta del potere di interruzione degli interruttori di protezione automatici?
Io penso di sì. E voi ?
sabato 22 gennaio 2011
Norma CEI 64-8 - Scelta degli interruttori in base al potere di interruzione


La Norma CEI 64-8 e la scelta del potere di interruzione degli interruttori automatici
A proposito della scelta degli interruttori automatici in relazione al loro potere di interruzione e al relativo cosfi, cui riferirlo, come anche al relativo potere di chiusura a complemento di quanto già riportato nei miei blog ( buco nella norma CEI 64-8 ) allego la mia lettera inviata alla rivista AEI nell’anno 1998 e la corrispondente risposta dell’allora Segretario Generale Antonio Alberici. >Ho trovato il tempo e mi son fatto coraggio.
A distanza di più di un decennio nessuno si è mosso a risolvere il problema ! Come è possibile ? Se scoppia un interruttore scelto inappropriatamente di chi la colpa ? La risposta del Segretario Generale del CEI in tema di responsabilità per progettisti e installatori mi sembra chiara.
Comunque la risposta del Segretario Generale del CEI a mio avviso meriterebbe un commento sotto diversi aspetti. Conto di farlo prima possibile,in quanto da un sì alto pulpito mi sarei aspettato qualcosa di più appropriato sia in relazione all'obiettivo generale che le norme tecniche perseguono sia nel merito specifico della questione.
Nel frattempo Vi invito a leggerne il testo.
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