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venerdì 6 marzo 2015

Progetto CEI C. 1133 di Guida alla normativa applicabile ai quadri elettrici di bassa tensione e riferimenti legislativi.


 
Osservazione al punto C. 8, ( pa. 88 ),  Verifica delle sovratemperature con il metodo delle potenze dissipate

A pag. 88 della Guida si ripete quel che dice la norma a proposito di una delle condizioni per l’applicabilità del sopra richiamato metodo di verifica e precisamente quanto segue:   …. e si basa sulla ipotesi che la potenza dissipata sia uniforme all’interno dell’involucro.”  Ciò è quanto si legge nella Guida ufficiale. 

Nel testo “Quadri di BT, edizioni TNE, autori V. Carrescia e V. Scarioni, a proposito della stessa ipotesi si legge invece : “La potenza dissipata all’interno dell’involucro è ripartita uniformemente. Questa condizione posta dalla norma è alquanto vaga. Una interpretazione realistica può essere la seguente: gli apparecchi, compatibilmente con le dimensioni e le distanze di rispetto proprie di ciascuno di essi, sono collocati in modo da interessare la superficie frontale del quadro, trascurando nella valutazione la zona fino a 0,2 m di altezza alla base del quadro e quella oltre 2 m dal suolo.”

Dal giorno alla notte tra il contenuto della Guida e quello del libro edito da TNE.  E' da notare che le singole pagine della Guida hanno un costo, ad un confronto grossolano, quasi 5 volte superiore a quello del libro. Nella Guida si ripete solo il puro contenuto della norma, e nulla di più, e non si affrontano i problemi ( non certo una gran guida ! ). Il libro ne ripete il contenuto e riconoscendone i limiti, li evidenzia e si sforza almeno di offrire nel caso specifico una interpretazione della vaga indicazione contenuta nella norma.
Concludo affermando che nel rapporto benefici/costi il testo TNE vale 50 volte la Guida del CEI.
Ciò non è accettabile.

domenica 1 marzo 2015

Commento alla nuova Guida del CEI sull'applicazione delle norme CEI EN 61439 -1 e CEI EN 61439-2


Nuova norma CEI EN 61439-1 e CEI EN 61439-2

Osservazioni alla “GUIDA ALLA NORMATIVA APPLICABILE AI QUADRI ELETTRICI DI BASSA TENSIONE E RIFERIMENTI LEGISLATIVI

Propongo le seguenti osservazioni personali che sottopongo all’attenzione dei lettori, che suppongo dispongano del documento soprarichiamato. In corsivo compaiono le segnalazioni di presunte/i manchevolezze, imprecisioni, contraddizioni ed errori. Le osservazioni sono numerate (1), (2),….   .

Il documento, cui si riferiscono le osservazioni, è in fase di inchiesta pubblica come progetto.

Già alla lettura del titolo si può verificare la poca attenzione con la quale il testo di prima pubblicazione proposto è stato fino ad oggi curato (1).

Dopo aver letto con attenzione alcune parti del documento esprimo un giudizio negativo sul suo contenuto.  Penso, una volta ancora, alla ricaduta negativa che alla pubblicazione di un tale documento, se pur in inchiesta pubblica, ne consegue per l’immagine del CEI, Comitato Elettrotecnico Italiano. Ritengo che i tecnici, come me, non dovrebbero accettare supinamente la pubblicazione di documenti ufficiali di così bassa qualità senza lamentarsi, visti i relativi elevati costi, non solo in termini di euro, ma anche di tempo speso per la loro lettura e il loro approfondimento.


Esamino in questa sede l’allegato E ( pagg. 142 - 152 ), che propone un esempio di verifica delle sovratemperature con il  confronto ( derivazione ) Norma CEI EN 61439-1 – par. 10.10.3 .

Si tratta di verificare l’idoneità termica di un nuovo quadro utilizzando il “confronto con configurazioni similari verificate con prove”.

Si esamina un quadro a tre scomparti equipaggiato con n. 15 interruttori automatici con RDF (Rated Diversity Factor) pari ad 1.

Della didascalia che accompagna le Fig. E.1 e Fig. E.2 si fa fatica a riconoscere l’appropriatezza dell’uso del termine “SCHEMA SINOTTICO …. ”, che non abbiamo mai constatato essere usato in relazione alle rappresentazioni, cui nella guida esso viene riferito ( 2 ). Nelle due figure si vedono infatti primeggiare per le due costruzioni da confrontare gli schemi unifilari e i due fronti quadro, questi con anche l’indicazione del percorso interno seguito dalle sbarre. Ciò giustamente per dimostrare/confortare la similarità delle due configurazioni in esame. 

Si enfatizza nel titolo delle Fig. E.1 e Fig. E.2 un dettaglio e si trascura invece di dire che in esse sono presenti anche gli schemi elettrici dell’apparecchiatura, rispettosi della collocazione degli interruttori al suo interno. Per di più mentre in fig. E.1 sul fronte quadro è presente una semplice linea tratteggiata, che dovrebbe rappresentare lo “schema sinottico” dei collegamenti realizzati con le sbarre all’interno dell’apparecchiatura, in Fig. E.2 sono disegnate invece proprio le sbarre che stanno all’interno, per cui in questa situazione si perde ogni traccia effettiva dello schema sinottico, cui il titolo continua contraddicendosi a fare riferimento.

Ecco altri rilievi.

In Fig. E.1 ci si riferisce ad uno “scomparto” e corrispondentemente in Fig. E.2 ad un “quadro” ( 3 ).

Le indicazioni relative alla conformazione delle sbarre sono date incoerentemente nello schema unifilare nell’un caso e nel fronte quadro nell’altro ( 4 ), tanto che gli estensori della guida non ci sono accorti che le caratteristiche indicate risultano tra loro nei due casi notevolmente diverse ( Cu, n. 1, 100 x 5 mm e Cu, n. 2, 80 x 10 mm ), contrariamente a quanto successivamente nello stesso allegato E supposto e scritto ( 5 ). E solo in uno dei due casi si indica la corrente nominale delle sbarre ( 6 ), che poi non è quella da riferire, al di là della contraddizione evidenziata, alla soluzione effettivamente confermata ( 7 ).

Si ha l’impressione che l’esempio del confronto, che la norma presenta, sia stato messo in piedi in tutta fretta senza il minimo controllo da parte di chicchessia.

Fa oltremodo specie anche che nell’esempio di confronto proposto sia stato alla fine adottato un sistema di sbarre ( Cu, n. 1, 100 x 5 mm ), che non sembra adeguato alla situazione, cioè mal dimensionato ( 8 ), che nessuno se ne sia accorto e che il documento sia stato presentato in inchiesta pubblica con un tale vistoso errore. Mi ripeto: si ha l’impressione che non esista un effettivo ed efficace controllo del contenuto pubblicato nelle guide ( non tutte per fortuna !! ).

Giustifico di seguito il cattivo dimensionamento del sistema di sbarre adottato. Valutando la portata delle sbarre nude di sezione 100 x 5  mm in  702 A con ΔT 15 °C ,  Tsbarra 70 °C, Tamb 55 °C, e anche applicando un coeffciente di correzione pari a 2,03 dovuto ad una situazione ambientale e di funzionamento diversa, cioè più favorevole (  Tamb 40 °C e Tsbarra 90 °C ), la stessa portata salirebbe a 1425 A  insufficiente a coprire la corrente nominale del circuito di ingresso all’apparecchiatura : 1600 A e 1800 A nei due casi. Queste valutazioni sono state fatte usando le tabelle e il grafico presenti a pag. 80 dell’ultima aggiornata edizione del prezioso volume TNE, Quadri Elettrici, di V. Carrescia e V. Scarioni.

Nella Fig. E.1 e E.2 le indicazioni di dettaglio, che accompagnano gli schemi e i fronti quadri non sono le stesse ( 9 ) ( ad es. nel fronte quadro compaiono le sigle degli interruttori ( Q10, …. ) in un caso e le correnti nominali degli interruttori nell’altro, ……………………..    ), anche se di massima non in contraddizione.

Incomprensibilmente sono indicate in Fig. E.1 due posizioni di “ARRIVO CAVI DI ALIMENTAZIONE” ( 10 ), quando è evidente che l’apparecchiatura dispone di un solo circuito di alimentazione.  Ancora un refuso?

Le dimensioni delle due apparecchiature in esame sono identiche e non diverse ( 11 ), come si afferma successivamente ( al punto c di pag. 145, 148 e 151 ) in una delle considerazioni proposte dagli esperti estensori della guida per affermare la positività della verifica.

Si usano i termini “sezione” e “scomparto” senza ben definirne, almeno nell’allegato stesso, le eventuali differenze ( 12 ). Sembra che le sezioni A, B e C coincidano, ordinatamente da sx a dx, con gli scomparti della sola apparecchiatura sotto esame. Si tratta in effetti di confrontare il comportamento termico di scomparti similari di distinte apparecchiature.  Gli scomparti da confrontare possono trovarsi situati anche in posizione sequenziale diversa all’interno delle due predette apparecchiature. Nel caso in esame il primo scomparto dell’apparecchiatura viene confrontato con il corrispondente primo scomparto dell’apparecchiatura provata. Il secondo e terzo scomparto dell’apparecchiatura in esame vengono invece entrambi confrontati con lo stesso secondo scomparto dell’apparecchiatura provata.  Quest’ultimo particolare potrebbe sfuggire ad una lettura frettolosa della guida.  

La verifica termica di conformità alla norma proposta nell’allegato E viene effettuata per confronto delle prestazioni di singoli scomparti, tra quelli da esaminare e quelli provati. Gli assunti su cui si debba fondare la validità di questo criterio non sono però, a mio avviso, convenientemente approfonditi ( 13 ).

Ci si chiede se sia corretto che la guida suggerisca di eseguire la verifica termica di una apparecchiatura affrontando il confronto per singoli comparti, e non sull’insieme dell’apparecchiatura, senza almeno indicare chiaramente i limiti legati ad una tale applicazione e tutti i vincoli da ben considerare.

Aggiungo in proposito la nota che segue. Non sembra si possa assumere come valido ed esaustivo il confronto tra due scomparti, se non accompagnato da indicazioni e da approfondite valutazioni sul regime termico degli scomparti vicini nelle particolari situazioni, cui si fa riferimento. Nello studio proposto nell’allegato E non si dice che per la validità del confronto si devono valutare con attenzione anche i flussi termici che si manifestano tra gli scomparti e non si indicano e illustrano le modalità con cui affrontare l’esame, nè le condizioni che sotto questo aspetto si devono verificare.

Nel punto d) di pagg. 145, 148 e 151 si accenna invero alla necessità di dover valutare la presenza o meno ai lati degli scomparti in esame di altri scomparti. Questo aspetto avrebbe però meritato un maggior approfondimento nella guida, definendo meglio gli errori, in cui si può incorrere trascurandone la valutazione.

Il titolo di Figura E.3, E.4 ed E.5 non sembra del tutto chiaro/appropriato ( 14 ). Non viene infatti rappresentato solo lo schema degli scomparti a confronto, ma anche il fronte quadro e non è chiaro/definito, come già detto, a chi riferire le sezioni A, B e C.

Per la fig. E.3, relativa alla sezione A, lo schema dello scomparto in esame a pag. 144 è incompleto ( 15 ).

Di seguito si trattano nel caso del confronto proposto dalla guida, sempre per le sezioni A, B e C, alcuni altri aspetti/condizioni che sono state/i in essa considerati/e per confermare l’esito positivo della verifica; verifica che, ricordo, viene effettuata allo scopo di “poter asserire che il quadro è una derivazione della configurazione provata”.
I punti f) di pagg. 145, 148 e 151 non sono chiari ( quadro, scomparto, entrambi ?? ) (16).

Per il punto a) relativo alla sezione A a pag. 144 si dovrebbe meglio scrivere “l’apparecchio principale” e non semplicemente l’apparecchio, visto che gli apparecchi in entrambi gli scomparti sono più di uno ( 17 ).

C’è contraddizione nella definizione delle sbarre tra Fig. E.3 ed Fig. E.2, come già segnalato.

Piccole feritoie di ventilazione ( IP30, filo di diametro sicuramente inferiore o uguale a 2,5 mm ) in generale si potrebbero definire tali e non proprio aperture.

Non risulta vero dall’esame di quanto reso disponibile che le dimensioni degli scomparti da considerare sono diverse ( 18 ) : maggiori per lo scomparto sotto esame ( punto c) dell’elenco di pagg. 145, 148 e 151.

Non risulta vero dall’esame di quanto reso disponibile che le forme costruttive degli scomparti sono diverse ( 19 ):  forma 1 e forma 2 ( punto e)  dell’elenco di pagg. 145, 148 e 151 .

Il punto f) è espresso in maniera un po' involuta in pagg. 145, 148 e 151( 20 ).

Il titolo di tabella E.1 e di tutte le tabelle dello stesso tipo, cioè E.2, E.3, E.4, E.6 e E.7, non sembra corretto; esso trae in inganno ( 21 ). Infatti non riporta la “potenza dissipata nello scomparto”, in quanto manca nell’elenco riportato sicuramente la potenza dissipata nelle sbarre e nei conduttori.

Le sbarre in tutti gli schemi unifilari presenti sono male indicate, sono trifasi con neutro e non bifasi come rappresentato in tutte le figure ( 22 ).

Non si può non notare che la potenza dissipata dai componenti nelle tabelle E.1, E.2, E.3, E.4, E.6 e E.7 ( ultima colonna a destra )  viene indicata con due cifre decimali, con approssimazioni anche del 2 per 10.000 ( 23 ).  Ciò abbassa il livello scientifico/tecnico dell’elaborato. Si pensi al grado di approssimazione, molto modesto, con il quale ci si muove nella valutazione di tante condizioni a contorno.

Sono presenti due tabelle E.5 ( 24 ). La seconda che si incontra dovrebbe essere E.8 e non anch’essa E.5.

Le tabelle E.4 e E.7 sono identiche, cioè la stessa tabella viene presentata  (e venduta ) due volte ( 25 ).

Il titolo della tabella E.5 e di quella che dovrebbe essere la tabella E.8 è errato ( 26 ). Non sono riportate in tabella le potenze da verificare, ma invece si riportano le correnti nominali delle unità funzionali. C’è inoltre in tabella un valore errato: 320 e non 400 A ( 27 ). L’errore si trascina da una tabella all’altra e compare perciò anche in quella che dovrebbe essere la tabella E.8 ( 28 ).

Si nota nell’allegato E una incongruenza, di cui non si trova spiegazione. Nella prima delle quattro figure presenti nell’allegato risulta che l’apparecchiatura da verificare per confronto è equipaggiata con interruttori dotati di protezione oltre che magnetotermica anche differenziale. Nelle tre corrispondenti figure successive gli interruttori diventano improvvisamente tutti dotati di sola protezione magnetotermica ( 29 ). Non si capisce se si tratta di una ulteriore svista o se tale dettaglio è stato poi trascurato, senza chiarirlo, ritenendo che la differenza di equipaggiamento degli interruttori ai fini del computo delle dissipazioni termiche sia ininfluente.  A noi risulta che in una tale situazione si dovrebbe distinguere tra le varie possibili situazioni ( blocchi differenziali, relè elettronici ), e che la eventuale semplificazione proposta e non giustificata non sia accettabile.

Per il secondo scomparto dell’apparecchiatura effettivamente testata il coefficiente di utilizzazione proposto/adottato è diverso per una buona parte dei circuiti. Si tratta di ben cinque valori distinti per i dieci interruttori in tutto presenti, dei quali valori non viene data giustificazione ( 30 ). Il coefficiente di utilizzazione dovrebbe tener conto in questo contesto del fenomeno del declassamento specifico degli apparecchi installati all’interno delle apparecchiature e non ha il significato che ordinariamente dal punto impiantistico gli viene attribuito. Non riesco a giustificare i valori assunti per il coefficiente di utilizzazione riportati nelle tabelle E.4 e E.7, se per essi si deve guardare, come detto, al fenomeno del declassamento degli interruttori in ragione della loro disposizione nello scomparto. Quanto appena richiamato e proposto in una guida ufficiale del CEI risulta disorientante per i suoi utenti e se ne chiede ragione.

Non è chiara inoltre la ragione per cui il coefficiente di utilizzazione adottato per gli scomparti sotto esame sia costante e pari a 0,8 ( 31 ). Se effettivamente esso risponde al fenomeno del declassamento dovuto alla temperatura ambiente all’interno dell’apparecchiatura, entro la quale l’interruttore si trova, ci si potrebbe attendere che tale coefficiente di utilizzazione vari con una qualche continuità inversamente all’altezza della corrispondente unità funzionale, che lo stesso interruttore equipaggia. In effetti forse non è vietato che si assuma un declassamento uguale per tutti gli apparecchi installati, indipendentemente dalla loro collocazione all’interno dello scomparto in esame, però una qualche indicazione e un qualche approfondimento al riguardo di un tale importante fenomeno da considerare sembrerebbero dovuti dagli estensori della guida agli utenti della stessa. Al contrario tutti i punti oscuri della applicazione della norma rimangono sempre tali e mi coglie il dubbio che si contino nelle dita della mano coloro che sono in grado di utilizzarla compiutamente con cognizione di causa.

In effetti l’utilizzo del termine “coefficiente di utilizzazione” per la determinazione della corrente Inc ( corrente nominale del circuito dello scomparto ) non pare sia suggerito dalla norma. In effetti ciò che deve essere stabilito dal costruttore dell’apparecchiatura sono le correnti nominali Inc dei circuiti che devono risultare maggiori delle corrispondenti IB stabilite dal progettista. Inoltre il progettista dell’impianto deve stabilire la portata del cavo che costituisce il circuito e indicare la regolazione del dispositivo di protezione.  Dal canto suo il costruttore dell’apparecchiatura, tenendo conto del declassamento dell’interruttore sulla base della posizione dallo stesso occupata e del regime termico che si stabilisce nella condizione più gravosa prevista dalla norma, deve garantire che l’interruttore possa presentare una corrente regolata, Ind, dopo il declassamento, tale da soddisfare la condizione Inc  ≥ Ind.

Di tutto questo insieme di condizioni, che risulterebbe di grande interesse per l’utente della norma non ho al momento ancora colto traccia nella guida. Troppo difficile affrontare il problema ?

Ho dimostrato che l’allegato E della guida risulta ben poco curato, pecca di grande superficialità e sfugge al confronto con le questioni più importanti e doverosamente da approfondire.

Un documento ufficiale pubblicato dal Comitato Elettrotecnico Italiano non può presentarsi nelle condizioni che abbiamo descritto. Sembra che alcune guide siano pubblicate senza che nessun esperto le controlli prima della loro pubblicazione in inchiesta pubblica sia per quanto riguarda la forma che i contenuti. Una tale situazione è molto grave. Potrebbe in futuro accadere che nessun commentatore/osservatore esterno ponga osservazioni e che il documento, che ho esaminato, sia pubblicato definitivamente come guida ufficiale CEI con tutte le gravi imperfezioni e con tutti gli errori, più o meno gravi, che ho esposto.

Inammissibile !!
Può essere che  a chi scrive scappino sviste ed anche errori, ma non può essere che questi non siano poi segnalati e corretti, almeno per la maggior parte.

venerdì 20 novembre 2009

RIFASAMENTO INDUSTRIALE n. 2, norma CEI EN 61439 e CEI 17-13

RIFASAMENTO INDUSTRIALE n. 2
Dimensionamento del conduttore di terra
In alcune applicazioni ordinarie un costruttore di apparecchiature di rifasamento automatico chiede di utilizzare un conduttore di terra di sezione pari al 60% del conduttore di fase dell'alimentazione. Abbiamo rivisitato la norma CEI 64-8 per verificare se in essa si potesse trovare la giustificazione di una tale richiesta così precisa. In realtà non abbiamo trovato nei disposti della norma questa curiosa disposizione. Pur ritenendo che tale richiesta non risulti in genere pericolosa, non è chiaro il motivo per il quale il costruttore si assuma la responsabilità di andare oltre la norma, quando sarebbe stato sufficiente rimandare ai contenuti della norma tecnica vigente. A difesa del costruttore si può dire che questi per il conduttore di protezione chiedendo il 60 % della sezione del conduttore di fase si cautela ( con un 20 % supplementare ) rispetto alla possibile scelta prevista/concessa dalla norma CEI 64-8, quella convenzionale.
Propongo le seguenti osservazioni al riguardo. Supponiamo come spesso accade che il quadro di rifasamento automatico si trovi nel locale cabina di trasformazione appena a valle del quadro generale di BT. Sappiamo che le correnti di corto circuito verso terra nel locale cabina di trasformazione sono quasi uguali alle corrispondenti di corto circuito trifase, per le quali devono essere dimensionati i conduttori di fase. Non si capisce per quale motivo il conduttore di protezione in tale situazione possa essere scelto di sezione metà ( 50 % ) o sezione pari al 60 % di quella del conduttore di fase, visto che la corrente che lo può interessare è la stessa che percorre il corrispondente conduttore di fase.
Aggiungiamo a completamento di quanto esposto, come segnale di attenzione di come anche alle stesse norme si debba guardare con attenzione critica, che la stessa possibilità concessa dalla norma di scegliere la sezione del conduttore di protezione con il calcolo non è cautelativa, almeno nella situazione presentata, che riguarda cioè i locali cabine di trasformazione e quelli ad essi vicini e che può risultare abbastanza generale. Infatti mentre le correnti di corto circuito in prossimità del trasformatore si manifestano con un transitorio non trascurabile, la formula presentata all’articolo 543.1.1 della norma CEI 64-8 per consentire il calcolo della sezione minima da adottare non tiene conto di tale fenomeno: ciò purtroppo a sfavore della sicurezza.
Per concludere troviamo più giusto che il costruttore del quadro di rifasamento debba demandare la scelta della sezione del conduttore di protezione al progettista dell’impianto elettrico e/o della modifica o ampliamento dello stesso ( legge 46/90 e DM 37/2008 ) o comunque alle regole di buona tecnica vigenti, ricordando solo ciò che la norma CEI sulle apparecchiature ( AS e ANS ) propone ai fini della protezione dai contatti indiretti.
Di quel numero particolare pari al 60 % affacciatosi nel nostro approfondimento parleremo in un’altra occasione, quando tratteremo la tenuta dei quadri di rifasamento al corto circuito.

mercoledì 30 settembre 2009

Norma CEI EN 61439 ( CEI 17-13 ) - Vera evoluzione?

Si è tenuto recentemente un importante incontro tecnico di aggiornamento. Abbiamo ascoltato con particolare interesse una relazione sui contenuti della nuova norma (di prossima pubblicazione ) EN 61439 ( CEI 17-13 ), che tratta dei quadri elettrici di bassa tensione.
Non abbiamo ancora ben compresa la portata delle novità introdotte con il nuovo testo. D’altronde siamo sempre stati convinti che considerare i quadri elettrici componenti elettrici, cioè alla stregua ad esempio di un interruttore automatico, abbia costituito una grossa forzatura. Da tale forzatura ne è nata una norma certamente problematica, di cui ci dobbiamo sforzare di vederne i lati positivi.
Non possiamo però tacere che per taluni aspetti prettamente tecnici, che sembrano indirettamente intaccare le tasche dei costruttori di apparecchi e di quadri, non si vedono progressi, ancorchè la sicurezza degli utenti ne possa risultare alla fine minacciata.
Invitiamo i progettisti a considerare il cosfi di corto circuito dei trasformatori anche di non grande potenza. Si troverà che esso vale spesso molto meno di 0,2. Tale valore risulta invece il valore minimo considerato dalla norma tecnica per la prova degli interruttori automatici e dei quadri elettrici. Da molti anni ormai la norma sugli interruttori e sui quadri avrebbe dovuto recepire questa importante osservazione, per dare tranquillità ai progettisti e agli installatori che si occupano di impianti di una certa importanza. Tutti sappiamo come il cosfi incida sul valore di picco della corrente di corto circuito e come il cosfi della corrente da interrompere incida sulla facilità o meno di farlo. Pur avendo da decenni segnalato la pericolosità per i grossi e i medi impianti di una tale situazione anche in alto loco, mi lascia senza parole il fatto che non si sia fatto niente fino ad oggi.
Se abbiamo ragione, c’è da chiedersi anche, insieme ai dubbi che riguardano tanti altri dettagli, qual’è il senso vero delle norme tecniche sui quadri elettrici.
Che ne pensate?