Ho trattato l'approfondimento di cui nel titolo al seguente indirizzo:
https://www.blogger.com/blogger.g?blogID=6596639767590996665#editor/target=post;postID=3364828855953941507;onPublishedMenu=allposts;onClosedMenu=allposts;postNum=0;src=postname
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sabato 18 novembre 2017
domenica 23 ottobre 2016
Norma CEI 64-8/8-1 Efficienza energetica Un errore ?
Nel documento ufficiale pubblicato di recente come norma CEI 64-8 sulla efficienza energetica da garantire per gli impianti elettrici, si rileva un errore, che fa pensare che nessuno abbia letto certe parti della norma prima della sua pubblicazione in inchiesta pubblica come durante il periodo di inchiesta pubblica.
A Padova in occasione dell'ultimo incontro tecnico tenuto dal CEI nessuno ne sapeva niente.
Per ulteriori informazioni rimando al seguente indirizzo.
http://giancarlotedeschi.blogspot.it/
Ho come l'impressione che ci siano nell'allegato A altri errori. Invito i colleghi a leggerlo con attenzione.
A Padova in occasione dell'ultimo incontro tecnico tenuto dal CEI nessuno ne sapeva niente.
Per ulteriori informazioni rimando al seguente indirizzo.
http://giancarlotedeschi.blogspot.it/
Ho come l'impressione che ci siano nell'allegato A altri errori. Invito i colleghi a leggerlo con attenzione.
sabato 13 febbraio 2016
venerdì 12 febbraio 2016
Pogetto CEI C. 1170; CEI 64-8, V3; un nuovo capitolo ( 8.1) sulla "efficienza energetica"; INCREDIBILE
Al seguente le prime mie note sulla novità :
https://www.blogger.com/blogger.g?blogID=6596639767590996665#allposts/postNum=0
https://www.blogger.com/blogger.g?blogID=6596639767590996665#allposts/postNum=0
sabato 16 gennaio 2016
Per scegliere il PI di un interruttore occorre tener conto del cosfi di cc ?
In un testo del 1993 ( II ediz di una prima I ediz. del 1989 ) a firma molto autorevole si legge la seguente risposta alla domanda posta nel titolo.
" ..... Nella scelta del dispositivo di protezione contro cortocircuito si può pertanto prescindere dal fattore di potenza, a meno che non si abbiano validi motivi per ritenere che il fattore di potenza nel caso specifico sia inferiore a quello assunto nelle norme. ..... ".
Sono passati 35 anni e nessuno pare si sia accorto che nei Power Center a valle dei trasformatori di potenza nelle cabine di trasformazione il problema si pone non poco. E i normatori CEI, cui la situazione è stata più volte segnalata, non intendono richiamare nel testo normativo l'importante circostanza, che eliminerebbe migliaia di installazioni sulla carta non sicure. Fanno a scarica barile? Quale il motivo?
Si dimostra che non è primariamente certo la sicurezza che sempre sta cuore ai normatori !!!
" ..... Nella scelta del dispositivo di protezione contro cortocircuito si può pertanto prescindere dal fattore di potenza, a meno che non si abbiano validi motivi per ritenere che il fattore di potenza nel caso specifico sia inferiore a quello assunto nelle norme. ..... ".
Sono passati 35 anni e nessuno pare si sia accorto che nei Power Center a valle dei trasformatori di potenza nelle cabine di trasformazione il problema si pone non poco. E i normatori CEI, cui la situazione è stata più volte segnalata, non intendono richiamare nel testo normativo l'importante circostanza, che eliminerebbe migliaia di installazioni sulla carta non sicure. Fanno a scarica barile? Quale il motivo?
Si dimostra che non è primariamente certo la sicurezza che sempre sta cuore ai normatori !!!
domenica 30 agosto 2015
Il costo discutibile delle guide CEI
Il costo discutibile delle guide CEI
Ho
considerato la guida CEI 121-5 ( 2015-07
), Guida alla normativa applicabile ai quadri elettrici di bassa tensione e
riferimenti legislativi, ediz. CEI, 166 pagine, di recentissima pubblicazione,
il cui costo è di 96,00 euro e in particolare la sua pag. 110. Il contenuto di
tale pagina è di circa ( 30 righe x 96
caratteri/riga ) 2880 caratteri. Risulta per la guida CEI un costo per
facciata pari a 0,578 euro.
Ho
considerato il testo Quadri Bassa Tensione, ediz. TNE, 324 pagine, di meno
recente pubblicazione ( 2014 ), il cui costo è di 37,50 euro e in particolare la sua
pag. 264. Il contenuto di tale pagina è di circa ( 31 righe x 88 caratteri/riga ) 2728 caratteri. . Risulta
per il testo TNE un costo per facciata pari a 0,116 euro.
Le due
facciate mi sono sembrate di massima tra loro confrontabili. Si potrà comunque
ripetere il confronto per altre pagine.
Non sono
entrato nel merito della sostanza e qualità dei contenuti delle pagine
confrontate. Tale importante confronto potrà essere oggetto di future
significative considerazioni.
Non si può non notare che il costo del
documento edito dal CEI ha un costo circa cinque volte superiore a quello del
testo edito da TNE.
Al di là di
un confronto di merito sui contenuti, che posso anticipare, a mio parere,
nettamente a favore del testo TNE, ritengo che la situazione descritta sia
intollerabile e meriti una tempestiva riflessione/approfondimento e un aperto pubblico
dibattito/discussione.
Prego i colleghi di verificare i calcoli effettuati e di estenderli ad altre pagine e ad altre guide e resto in attesa di commenti.
domenica 29 marzo 2015
Convegno CEI 24 marzo 2015 a Padova - Istanza su corrente di corto circuito e relativo cosfi
Nel "Blog dell'ing. Tedeschi" è stata riportata l'istanza che l'ing. Tedeschi ha rivolto ai relatori e al Direttore Tecnico del CEI in occasione del Convegno CEI tenutosi il 24 marzo 2015 a Padova sul rischio non denunciato nella norma CEI 64-8 di errato utilizzo degli interruttori automatici
venerdì 6 marzo 2015
Progetto CEI C. 1133 di Guida alla normativa applicabile ai quadri elettrici di bassa tensione e riferimenti legislativi.
A pag. 88 della Guida si ripete quel che dice la norma a
proposito di una delle condizioni per l’applicabilità del sopra richiamato metodo
di verifica e precisamente quanto segue: “ …. e
si basa sulla ipotesi che la potenza dissipata sia uniforme all’interno dell’involucro.” Ciò è quanto si legge nella Guida ufficiale.
Nel testo “Quadri di BT, edizioni TNE, autori V. Carrescia e
V. Scarioni, a proposito della stessa ipotesi si legge invece : “La potenza
dissipata all’interno dell’involucro è ripartita uniformemente. Questa
condizione posta dalla norma è alquanto vaga. Una interpretazione realistica
può essere la seguente: gli apparecchi, compatibilmente con le dimensioni e le
distanze di rispetto proprie di ciascuno di essi, sono collocati in modo da
interessare la superficie frontale del quadro, trascurando nella valutazione la
zona fino a 0,2 m di altezza alla base del quadro e quella oltre 2 m dal suolo.”
Dal giorno alla notte tra il contenuto della Guida e quello
del libro edito da TNE. E' da notare che
le singole pagine della Guida hanno un costo, ad un confronto grossolano, quasi 5 volte superiore a quello del libro.
Nella Guida si ripete solo il puro contenuto della norma, e nulla di più, e non si affrontano i problemi ( non certo una gran guida ! ). Il libro ne ripete il contenuto e riconoscendone i limiti, li evidenzia e si
sforza almeno di offrire nel caso specifico una interpretazione della vaga indicazione
contenuta nella norma.
Concludo affermando che nel rapporto benefici/costi il testo TNE vale 50 volte la Guida del CEI.
Ciò non è accettabile.
domenica 1 marzo 2015
Commento alla nuova Guida del CEI sull'applicazione delle norme CEI EN 61439 -1 e CEI EN 61439-2
Nuova norma
CEI EN 61439-1 e CEI EN 61439-2
Osservazioni
alla “GUIDA ALLA NORMATIVA APPLICABILE
AI QUADRI ELETTRICI DI BASSA TENSIONE E RIFERIMENTI LEGISLATIVI”
Propongo le
seguenti osservazioni personali che sottopongo all’attenzione dei lettori, che suppongo
dispongano del documento soprarichiamato. In corsivo compaiono le segnalazioni
di presunte/i manchevolezze, imprecisioni, contraddizioni ed errori. Le
osservazioni sono numerate (1), (2),….
.
Il documento,
cui si riferiscono le osservazioni, è in fase di inchiesta pubblica come
progetto.
Già alla lettura del titolo si può
verificare la poca attenzione con la quale il testo di prima pubblicazione
proposto è stato fino ad oggi curato (1).
Dopo aver
letto con attenzione alcune parti del documento esprimo un giudizio negativo
sul suo contenuto. Penso, una volta
ancora, alla ricaduta negativa che alla pubblicazione di un tale documento, se
pur in inchiesta pubblica, ne consegue per l’immagine del CEI, Comitato
Elettrotecnico Italiano. Ritengo che i tecnici, come me, non dovrebbero
accettare supinamente la pubblicazione di documenti ufficiali di così bassa
qualità senza lamentarsi, visti i relativi elevati costi, non solo in termini
di euro, ma anche di tempo speso per la loro lettura e il loro approfondimento.
Esamino in
questa sede l’allegato E ( pagg. 142 - 152 ), che propone un esempio di verifica
delle sovratemperature con il confronto
( derivazione ) Norma CEI EN 61439-1 – par. 10.10.3 .
Si tratta di
verificare l’idoneità termica di un nuovo quadro utilizzando il “confronto con configurazioni
similari verificate con prove”.
Si esamina
un quadro a tre scomparti equipaggiato con n. 15 interruttori automatici con
RDF (Rated Diversity Factor) pari ad 1.
Della didascalia che accompagna le Fig. E.1 e
Fig. E.2 si fa fatica a riconoscere l’appropriatezza dell’uso del termine
“SCHEMA SINOTTICO …. ”, che non abbiamo mai constatato essere usato in
relazione alle rappresentazioni, cui nella guida esso viene riferito ( 2 ).
Nelle due figure si vedono infatti primeggiare per le due costruzioni da
confrontare gli schemi unifilari e i due fronti quadro, questi con anche l’indicazione
del percorso interno seguito dalle sbarre. Ciò giustamente per dimostrare/confortare
la similarità delle due configurazioni in esame.
Si enfatizza nel titolo delle Fig. E.1 e
Fig. E.2 un dettaglio e si trascura invece di dire che in esse sono presenti anche
gli schemi elettrici dell’apparecchiatura, rispettosi della collocazione degli
interruttori al suo interno. Per di
più mentre in fig. E.1 sul fronte quadro è presente una semplice linea
tratteggiata, che dovrebbe rappresentare lo “schema sinottico” dei collegamenti
realizzati con le sbarre all’interno dell’apparecchiatura, in Fig. E.2 sono
disegnate invece proprio le sbarre che stanno all’interno, per cui in questa
situazione si perde ogni traccia effettiva dello schema sinottico, cui il
titolo continua contraddicendosi a fare riferimento.
Ecco altri
rilievi.
In Fig. E.1 ci si riferisce ad uno “scomparto”
e corrispondentemente in Fig. E.2 ad un “quadro” ( 3 ).
Le indicazioni relative alla conformazione
delle sbarre sono date incoerentemente nello schema unifilare nell’un caso e
nel fronte quadro nell’altro ( 4 ), tanto che gli estensori della guida non ci
sono accorti che le caratteristiche indicate risultano tra loro nei due casi
notevolmente diverse ( Cu, n. 1, 100 x 5 mm e Cu, n. 2, 80 x 10 mm ),
contrariamente a quanto successivamente nello stesso allegato E supposto e
scritto ( 5 ). E solo in uno dei due
casi si indica la corrente nominale delle sbarre ( 6 ), che poi non è quella da
riferire, al di là della contraddizione evidenziata, alla soluzione
effettivamente confermata ( 7 ).
Si ha
l’impressione che l’esempio del confronto, che la norma presenta, sia stato
messo in piedi in tutta fretta senza il minimo controllo da parte di
chicchessia.
Fa oltremodo
specie anche che nell’esempio di confronto proposto sia stato alla fine
adottato un sistema di sbarre ( Cu, n. 1, 100 x 5 mm ), che non sembra adeguato
alla situazione, cioè mal dimensionato ( 8 ), che nessuno se ne sia accorto e che il documento sia stato presentato
in inchiesta pubblica con un tale vistoso errore. Mi ripeto: si ha l’impressione
che non esista un effettivo ed efficace controllo del contenuto pubblicato
nelle guide ( non tutte per fortuna !! ).
Giustifico
di seguito il cattivo dimensionamento del sistema di sbarre adottato. Valutando
la portata delle sbarre nude di sezione 100 x 5
mm in 702 A con ΔT 15 °C , Tsbarra 70 °C, Tamb 55 °C, e anche applicando
un coeffciente di correzione pari a 2,03 dovuto ad una situazione ambientale e
di funzionamento diversa, cioè più favorevole (
Tamb 40 °C e Tsbarra 90 °C ), la stessa portata salirebbe a 1425 A insufficiente a coprire la corrente nominale
del circuito di ingresso all’apparecchiatura : 1600 A e 1800 A nei due casi.
Queste valutazioni sono state fatte usando le tabelle e il grafico presenti a pag.
80 dell’ultima aggiornata edizione del prezioso volume TNE, Quadri Elettrici,
di V. Carrescia e V. Scarioni.
Nella Fig. E.1 e E.2 le indicazioni di
dettaglio, che accompagnano gli schemi e i fronti quadri non sono le stesse ( 9
) ( ad es. nel fronte quadro compaiono le sigle degli interruttori ( Q10, …. )
in un caso e le correnti nominali degli interruttori nell’altro,
…………………….. ), anche se di massima non
in contraddizione.
Incomprensibilmente sono indicate in Fig. E.1
due posizioni di “ARRIVO CAVI DI ALIMENTAZIONE” ( 10 ), quando è evidente che
l’apparecchiatura dispone di un solo circuito di alimentazione. Ancora un refuso?
Le dimensioni delle due apparecchiature in
esame sono identiche e non diverse ( 11 ), come si afferma successivamente ( al
punto c di pag. 145, 148 e 151 ) in una delle considerazioni proposte dagli
esperti estensori della guida per affermare la positività della verifica.
Si usano i termini “sezione” e “scomparto”
senza ben definirne, almeno nell’allegato stesso, le eventuali differenze ( 12
). Sembra che le sezioni A, B e C coincidano, ordinatamente da sx a dx, con
gli scomparti della sola apparecchiatura sotto esame. Si tratta in effetti di
confrontare il comportamento termico di scomparti similari di distinte apparecchiature. Gli scomparti da confrontare possono trovarsi
situati anche in posizione sequenziale diversa all’interno delle due predette apparecchiature.
Nel caso in esame il primo scomparto dell’apparecchiatura viene confrontato con
il corrispondente primo scomparto dell’apparecchiatura provata. Il secondo e
terzo scomparto dell’apparecchiatura in esame vengono invece entrambi confrontati
con lo stesso secondo scomparto dell’apparecchiatura provata. Quest’ultimo particolare potrebbe sfuggire ad
una lettura frettolosa della guida.
La verifica termica
di conformità alla norma proposta nell’allegato E viene effettuata per confronto
delle prestazioni di singoli scomparti, tra quelli da esaminare e quelli
provati. Gli assunti su cui si debba fondare
la validità di questo criterio non sono però, a mio avviso, convenientemente approfonditi
( 13 ).
Ci si
chiede se sia corretto che la guida suggerisca di eseguire la verifica termica
di una apparecchiatura affrontando il confronto per singoli comparti, e non
sull’insieme dell’apparecchiatura, senza almeno indicare chiaramente i limiti
legati ad una tale applicazione e tutti i vincoli da ben considerare.
Aggiungo in
proposito la nota che segue. Non sembra
si possa assumere come valido ed esaustivo il confronto tra due scomparti, se
non accompagnato da indicazioni e da approfondite valutazioni sul regime
termico degli scomparti vicini nelle particolari situazioni, cui si fa
riferimento. Nello studio proposto nell’allegato E non si dice che per la
validità del confronto si devono valutare con attenzione anche i flussi termici
che si manifestano tra gli scomparti e non si indicano e illustrano le modalità
con cui affrontare l’esame, nè le condizioni che sotto questo aspetto si devono
verificare.
Nel punto d)
di pagg. 145, 148 e 151 si accenna invero alla necessità di dover valutare la
presenza o meno ai lati degli scomparti in esame di altri scomparti. Questo
aspetto avrebbe però meritato un maggior approfondimento nella guida, definendo
meglio gli errori, in cui si può incorrere trascurandone la valutazione.
Il titolo di Figura E.3, E.4 ed E.5 non
sembra del tutto chiaro/appropriato ( 14 ). Non viene infatti rappresentato
solo lo schema degli scomparti a confronto, ma anche il fronte quadro e non è chiaro/definito,
come già detto, a chi riferire le sezioni A, B e C.
Per la fig. E.3, relativa alla sezione A, lo
schema dello scomparto in esame a pag. 144 è incompleto ( 15 ).
Di seguito
si trattano nel caso del confronto proposto dalla guida, sempre per le sezioni A,
B e C, alcuni altri aspetti/condizioni che sono state/i in essa considerati/e per
confermare l’esito positivo della verifica; verifica che, ricordo, viene
effettuata allo scopo di “poter asserire che il quadro è una derivazione della
configurazione provata”.
I punti f) di pagg. 145, 148 e 151 non sono chiari ( quadro, scomparto, entrambi ?? ) (16).
I punti f) di pagg. 145, 148 e 151 non sono chiari ( quadro, scomparto, entrambi ?? ) (16).
Per il punto a) relativo alla sezione A a pag.
144 si dovrebbe meglio scrivere “l’apparecchio principale” e non semplicemente
l’apparecchio, visto che gli apparecchi in entrambi gli scomparti sono più di
uno ( 17 ).
C’è contraddizione nella definizione delle
sbarre tra Fig. E.3 ed Fig. E.2, come già segnalato.
Piccole feritoie di ventilazione ( IP30,
filo di diametro sicuramente inferiore o uguale a 2,5 mm ) in generale si potrebbero definire tali e non proprio aperture.
Non risulta vero dall’esame di quanto reso
disponibile che le dimensioni degli scomparti da considerare sono diverse ( 18
) : maggiori per lo scomparto sotto esame ( punto c) dell’elenco di pagg. 145,
148 e 151.
Non risulta vero dall’esame di quanto reso
disponibile che le forme costruttive degli scomparti sono diverse ( 19 ): forma 1 e forma 2 ( punto e) dell’elenco di pagg. 145, 148 e 151 .
Il punto f) è espresso in maniera un po' involuta
in pagg. 145, 148 e 151( 20 ).
Il titolo di tabella E.1 e di tutte le tabelle
dello stesso tipo, cioè E.2, E.3, E.4, E.6 e E.7, non sembra corretto; esso trae in
inganno ( 21 ). Infatti non riporta la “potenza dissipata nello scomparto”, in
quanto manca nell’elenco riportato sicuramente la potenza dissipata nelle
sbarre e nei conduttori.
Le sbarre in tutti gli schemi unifilari
presenti sono male indicate, sono trifasi con neutro e non bifasi come
rappresentato in tutte le figure ( 22 ).
Non
si può non notare che la potenza dissipata dai componenti nelle tabelle E.1,
E.2, E.3, E.4, E.6 e E.7 ( ultima colonna a destra ) viene indicata con due cifre decimali, con
approssimazioni anche del 2 per 10.000 ( 23 ). Ciò abbassa il livello scientifico/tecnico
dell’elaborato. Si pensi al grado di approssimazione, molto modesto, con il
quale ci si muove nella valutazione di tante condizioni a contorno.
Sono presenti due tabelle E.5 ( 24 ). La
seconda che si incontra dovrebbe essere E.8 e non anch’essa E.5.
Le tabelle E.4 e E.7 sono identiche, cioè la
stessa tabella viene presentata (e
venduta ) due volte ( 25 ).
Il titolo della tabella E.5 e di quella che
dovrebbe essere la tabella E.8 è errato ( 26 ). Non sono riportate in tabella
le potenze da verificare, ma invece si riportano le correnti nominali delle
unità funzionali. C’è inoltre in
tabella un valore errato: 320 e non 400 A ( 27 ). L’errore si trascina da una
tabella all’altra e compare perciò anche in quella che dovrebbe essere la
tabella E.8 ( 28 ).
Si
nota nell’allegato E una incongruenza, di cui non si trova spiegazione. Nella
prima delle quattro figure presenti nell’allegato risulta che l’apparecchiatura
da verificare per confronto è equipaggiata con interruttori dotati di
protezione oltre che magnetotermica anche differenziale. Nelle tre corrispondenti
figure successive gli interruttori diventano improvvisamente tutti dotati di sola
protezione magnetotermica ( 29 ).
Non si capisce se si tratta di una ulteriore svista o se tale dettaglio è stato poi
trascurato, senza chiarirlo, ritenendo che la differenza di equipaggiamento
degli interruttori ai fini del computo delle dissipazioni termiche sia
ininfluente. A noi risulta che in una tale situazione si dovrebbe distinguere tra le
varie possibili situazioni ( blocchi differenziali, relè elettronici ), e che la eventuale semplificazione proposta
e non giustificata non sia accettabile.
Per il secondo scomparto dell’apparecchiatura
effettivamente testata il coefficiente di utilizzazione proposto/adottato è
diverso per una buona parte dei circuiti. Si tratta di ben cinque valori
distinti per i dieci interruttori in tutto presenti, dei quali valori non viene
data giustificazione ( 30 ). Il coefficiente di utilizzazione dovrebbe
tener conto in questo contesto del fenomeno del declassamento specifico degli
apparecchi installati all’interno delle apparecchiature e non ha il significato
che ordinariamente dal punto impiantistico gli viene attribuito. Non riesco
a giustificare i valori assunti per il coefficiente di utilizzazione riportati
nelle tabelle E.4 e E.7, se per essi si deve guardare, come detto, al fenomeno
del declassamento degli interruttori in ragione della loro disposizione nello
scomparto. Quanto appena richiamato e proposto in una guida ufficiale del
CEI risulta disorientante per i suoi utenti e se ne chiede ragione.
Non è
chiara inoltre la ragione per cui il coefficiente di utilizzazione adottato per
gli scomparti sotto esame sia costante e pari a 0,8 ( 31 ). Se
effettivamente esso risponde al fenomeno del declassamento dovuto alla
temperatura ambiente all’interno dell’apparecchiatura, entro la quale
l’interruttore si trova, ci si potrebbe attendere che tale coefficiente di
utilizzazione vari con una qualche continuità inversamente all’altezza della
corrispondente unità funzionale, che lo stesso interruttore equipaggia. In
effetti forse non è vietato che si assuma un declassamento uguale per tutti gli
apparecchi installati, indipendentemente dalla loro collocazione all’interno
dello scomparto in esame, però una qualche indicazione e un qualche approfondimento
al riguardo di un tale importante fenomeno da considerare sembrerebbero dovuti
dagli estensori della guida agli utenti della stessa. Al contrario tutti i
punti oscuri della applicazione della norma rimangono sempre tali e mi coglie
il dubbio che si contino nelle dita della mano coloro che sono in grado di
utilizzarla compiutamente con cognizione di causa.
In effetti
l’utilizzo del termine “coefficiente di utilizzazione” per la determinazione
della corrente Inc ( corrente nominale del circuito dello scomparto ) non pare
sia suggerito dalla norma. In effetti ciò che deve essere stabilito dal
costruttore dell’apparecchiatura sono le correnti nominali Inc dei circuiti che
devono risultare maggiori delle corrispondenti IB stabilite dal progettista. Inoltre
il progettista dell’impianto deve stabilire la portata del cavo che costituisce
il circuito e indicare la regolazione del dispositivo di protezione. Dal canto suo il costruttore
dell’apparecchiatura, tenendo conto del declassamento dell’interruttore sulla
base della posizione dallo stesso occupata e del regime termico che si
stabilisce nella condizione più gravosa prevista dalla norma, deve garantire
che l’interruttore possa presentare una corrente regolata, Ind, dopo il
declassamento, tale da soddisfare la condizione Inc ≥ Ind.
Di tutto questo
insieme di condizioni, che risulterebbe di grande interesse per l’utente della
norma non ho al momento ancora colto traccia nella guida. Troppo difficile
affrontare il problema ?
Ho dimostrato
che l’allegato E della guida risulta ben poco curato, pecca di grande
superficialità e sfugge al confronto con le questioni più importanti e doverosamente
da approfondire.
Un documento
ufficiale pubblicato dal Comitato Elettrotecnico Italiano non può presentarsi
nelle condizioni che abbiamo descritto. Sembra che alcune guide siano
pubblicate senza che nessun esperto le controlli prima della loro pubblicazione
in inchiesta pubblica sia per quanto riguarda la forma che i contenuti. Una
tale situazione è molto grave. Potrebbe in futuro accadere che nessun
commentatore/osservatore esterno ponga osservazioni e che il documento, che ho
esaminato, sia pubblicato definitivamente come guida ufficiale CEI con tutte le
gravi imperfezioni e con tutti gli errori, più o meno gravi, che ho esposto.
Inammissibile
!!
Può essere che a chi scrive scappino sviste ed anche errori, ma non può essere che questi non siano poi segnalati e corretti, almeno per la maggior parte.
Può essere che a chi scrive scappino sviste ed anche errori, ma non può essere che questi non siano poi segnalati e corretti, almeno per la maggior parte.
lunedì 13 ottobre 2014
Guida CEI 11-35, esecuzione cabine elettriche MT/BT, UN ERRORE ?
Abbiamo ravvisato un possibile errore nella Guida CEI 11-35 sulla esecuzione delle cabine elettriche MT/BT. Si trovano le relative osservazione al seguente indirizzo:
http://giancarlotedeschi.blogspot.no/2014/10/nuovo-testo-guida-cei-11-35-esecuzione.html.
Inoltre ci si chiede, se quanto ravvisato corrisponde al vero: qualcuno controlla i testi delle norme prima di pubblicarli ??? Ce lo aspetteremmo vista l'autorevolezza di cui godono !!
mercoledì 28 novembre 2012
Verifica autoprotezione dai fulmini a regola d'arte o a CEI 81-10?
Circa un mese fa ho scritto sulla accettabilità di metodi alternativi a quelli proposti dalla norma CEI 81-10 per la verfica della autoprtezione delle strutture dai fulmini. Ciò nel "Blog dell'ing. Giancarlo Tedeschi" in data 17 ottobre 2010".
Propongo un esempio che chiarisce il senso di quanto allora ho scritto.
Nel disegno che segue propongo una situazione da verificare : condominio, circa 40 appartamenti, altezza circa 32 m, dimensioni in pianta 30 m x 27 m, le distanze e le altezze dagli/degli edifici vicini sono deducibili dal disegno allegato, i due edifici posti sopra e a dx nel disegno allegato sono alti come l'edificio in esame, intorno all'edificio sono presenti piante di altezza variabile da 18 a 12 m.
Risultati : applicando pedestremente la norma tecnica vigente l'edificio non risulterebbe autoprotetto !
Applicando la norma per tutto tranne che per il coefficiente di posizione, per il quale si pensa di poter applicare quanto sostenuto da una delle prime norme tecniche CEI uscite sull'argomento ( metodo più laborioso, ma più preciso che teneva conto della effettiva distribuzione e altezza degli edifici (o altro) circostanti ) e altre considerazioni di normale logica ( per edifici di uguale altezza distribuiti nello spazio a distanza di massima pari alla loro altezza l'area di raccolta non dovrebbe differire da quella che geometricamente gli competerebbe, pensando ad una distribuzione uniforme dei fulmini a terra ), si può giungere al risultato opposto e cioè che il condominio risulta autoprotetto.
E' accettabile ?
Si tratta di una applicazione della regola d'arte, che non coincide con le regole proposte dalle norme tecniche vigenti.
Forse è più a regola d'arte la mia soluzione che quella proposta dalla forzatamente grossolana norma tecnica!
Si può affermare che i programmi disponibili per le verifiche non risolvono sempre tutto come si vorrebbe?
Propongo un esempio che chiarisce il senso di quanto allora ho scritto.
Nel disegno che segue propongo una situazione da verificare : condominio, circa 40 appartamenti, altezza circa 32 m, dimensioni in pianta 30 m x 27 m, le distanze e le altezze dagli/degli edifici vicini sono deducibili dal disegno allegato, i due edifici posti sopra e a dx nel disegno allegato sono alti come l'edificio in esame, intorno all'edificio sono presenti piante di altezza variabile da 18 a 12 m.
Risultati : applicando pedestremente la norma tecnica vigente l'edificio non risulterebbe autoprotetto !
Applicando la norma per tutto tranne che per il coefficiente di posizione, per il quale si pensa di poter applicare quanto sostenuto da una delle prime norme tecniche CEI uscite sull'argomento ( metodo più laborioso, ma più preciso che teneva conto della effettiva distribuzione e altezza degli edifici (o altro) circostanti ) e altre considerazioni di normale logica ( per edifici di uguale altezza distribuiti nello spazio a distanza di massima pari alla loro altezza l'area di raccolta non dovrebbe differire da quella che geometricamente gli competerebbe, pensando ad una distribuzione uniforme dei fulmini a terra ), si può giungere al risultato opposto e cioè che il condominio risulta autoprotetto.
E' accettabile ?
Si tratta di una applicazione della regola d'arte, che non coincide con le regole proposte dalle norme tecniche vigenti.
Forse è più a regola d'arte la mia soluzione che quella proposta dalla forzatamente grossolana norma tecnica!
Si può affermare che i programmi disponibili per le verifiche non risolvono sempre tutto come si vorrebbe?
venerdì 8 giugno 2012
Terremoti, fulmini, sicurezza e valutazione del rischio
E' evidente che le mappe che indicano il grado di sismicità dei luoghi in Italia devono essere aggiornate.
E' di gran moda oggi nelle aziende la valutazione del rischio dovuto alle fulminazioni dirette e indirette.
Mi riferisco principalmente al rischio per la salute e la vita delle persone.
La norma tecnica del Comitato Elettrotecnico Italiano ( CEI ) oggi in vigore, che informa sulla frequenza dei fulmini a terra in Italia da considerare per ottenere la corrispondente valutazione quantitativa del rischio è molto datata.
Mi risulta invece che il SIRF disponga da molti anni ormai di dati relativi alla frequenza dei fulmini a terra in Italia molto aggiornati e ben più affiodabili.
Da tecnico ritengo che dovrebbero essere diffusi i nuovi dati anche solo per garantire una maggior sicurezza per la salute e la vita delle persone, visto che la norma tecnica da applicare consente di determinare le cautele da adottare per ridurre il conseguente rischio a valori accettabili.
D'altro canto i nuovi dati se da riferire a frequenze dei fulmini a terra inferiori consentirebbero ai nostri imprenditori e in genere ai cittadini di risparmiare investimenti in tempi di grave crisi.
Come mai dati così importanti non sono messi a disposizione della comunità ?
E' evidente che non è così che si raggiunge l'obiettivo di una maggior sicurezza. Le risorse, già modestissime, dovrebbero trovare impiego dove i rischi sono più elevati.
Chiedo ragione a chi dovere della situazione che ho descritto.
Chiedo conforto ai colleghi.
E' di gran moda oggi nelle aziende la valutazione del rischio dovuto alle fulminazioni dirette e indirette.
Mi riferisco principalmente al rischio per la salute e la vita delle persone.
La norma tecnica del Comitato Elettrotecnico Italiano ( CEI ) oggi in vigore, che informa sulla frequenza dei fulmini a terra in Italia da considerare per ottenere la corrispondente valutazione quantitativa del rischio è molto datata.
Mi risulta invece che il SIRF disponga da molti anni ormai di dati relativi alla frequenza dei fulmini a terra in Italia molto aggiornati e ben più affiodabili.
Da tecnico ritengo che dovrebbero essere diffusi i nuovi dati anche solo per garantire una maggior sicurezza per la salute e la vita delle persone, visto che la norma tecnica da applicare consente di determinare le cautele da adottare per ridurre il conseguente rischio a valori accettabili.
D'altro canto i nuovi dati se da riferire a frequenze dei fulmini a terra inferiori consentirebbero ai nostri imprenditori e in genere ai cittadini di risparmiare investimenti in tempi di grave crisi.
Come mai dati così importanti non sono messi a disposizione della comunità ?
E' evidente che non è così che si raggiunge l'obiettivo di una maggior sicurezza. Le risorse, già modestissime, dovrebbero trovare impiego dove i rischi sono più elevati.
Chiedo ragione a chi dovere della situazione che ho descritto.
Chiedo conforto ai colleghi.
martedì 10 gennaio 2012
Impianti fotovoltaici. Guida CEI 82-25. Più danni che vantaggi ?
Nella Guida CEI 82-25, il contenuto del terzo capoverso del paragrafo 9.1.2, dal titolo “Protezione contro i contatti indiretti” a pag. 56 della edizione 09-2010, è in netta contraddizione con il primo capoverso successivo alla tabella che compare a pagina successiva. Sembrerebbe che si voglia nel primo caso raccomandare di mettere a terra le cornici dei moduli di classe II anche per il tramite della loro struttura metallica di supporto, contrariamente a quanto prevede la norma CEI 64-8, mentre nel secondo caso si ribadisce il dovere di non collegarle a terra, a meno che ciò sia previsto dalle prescrizioni di costruzione del relativo componente elettrico. Una evidente contraddizione ?
Commento al terzo capoverso del paragrafo 9.1.2
Ad essere rigorosi sia nella prima parte che nella seconda si affermano cose che non approviamo.
Nella prima parte, cioè nel terzo capoverso, a ben leggere quanto scritto, ci si accorge che non si cita proprio l’azione di mettere a terra la struttura, si richiede solo l’equipotenzializzazione tra cornici dei moduli e struttura. Un tale comportamento, che si dimentica della messa a terra, in quanto gravemente non prescritto dal testo dellaguida, risulta molto pericoloso per le persone, visto che, in caso di guasto, estende il potenziale pericoloso a tutta la struttura di supporto, che risulta cento volte più “a portata di mano” del singolo modulo, il cui isolamento dovesse cedere.
Commento al primo capoverso del paragrafo 9.1.2 successivo alla tabella che compare a pagina 57.
Ecco il testo:”Si ricorda che le parti conduttrici accessibili di un circuito a doppio isolamento non devono essere collegate a terra, a meno che ciò sia previsto dalle prescrizioni di costruzione del relativo componente elettrico”. A parte l’obbligatorietà del contenuto, non si può non notare come il soggetto della frase più importante siano le parti conduttrici accessibili di un circuito a doppio isolamento e le prescrizioni si riferiscano invece ad un suo componente elettrico. Avvertiamo scarsa chiarezza: infatti si confondono le condutture in classe II con gli apparecchi elettrici.
A valle di tutto ci chiediamo ancora quanto sia accettabile il divieto imposto dalla norma di mettere a terra l’involucro metallico posto a protezione di un eventuale cavo a doppio isolamento.
Infine se la necessità di contenere il rischio dovuto alle sovratensioni richiedesse la messa a terra delle estremità dell’involucro metallico del cavo, come ci si deve comportare nei confronti del divieto normativo appena enunciato ?
Tutto a nostro avviso si rimanda al progettista, che deve gioco forza fare delle scelte e dare delle risposte.
Le guide riportano troppo spesso solo le cose più facili e ovvie, che fanno lievitare i costi e il tempo che il progettista deve dedicare alla loro lettura. Sugli argomenti delicati, e non solo su questi purtroppo, esse creano in più occasioni confusione senza aiutare concretamente il progettista, che viene abbandonato a se stesso e che rimane solo nell’affrontare le sue responsabilità.
Un ruolo quello del progettista molto delicato e difficile, che non viene ordinariamente in giusta misura riconosciuto.
domenica 4 dicembre 2011
La norma CEI 64-8 e il dimensionamento dei condotti sbarra
E’ stato pubblicato il Progetto C. 1083 di variante alla
parte 4 della norma CEI 64-8 con data di scadenza 12-01-2012.
La variante prevede l’inserzione di un nuovo articolo: il 434.3.3, che tratta dei condotti sbarra. In detto articolo si da finalmente atto che la verifica della tenuta meccanica delle apparecchiature e componenti agli sforzi elettrodinamici dovuti alla corrente di cresta in caso di corto circuito va sempre effettuata.
Ecco il testo del nuovo articolo proposto, che probabilmente andrà finalmente ad arricchire la norma CEI 64-8.
"434.3.3 Per i sistemi di condotti sbarre conformi alla Norma EN 60439-2 e per i sistemi di alimentazione a binario elettrificato conforme alla serie EN 61534, deve essere applicata una delle seguenti prescrizioni:
La corrente di breve durata ammissibile nominale ( Icw ) e la corrente nominale di tenuta al picco del sistema di condotti sbarre o di binario elettrificato non devono essere inferiori ai valori di corrente di corto circuito presunta e di picco della corrente di corto circuito presunta, rispettivamente. Il tempo massimo per cui si definisce l’Icw ( per i sistemi di condotto sbarre o di binario elettrificato ) non deve essere inferiore al massimo tempo di intervento del dispositivo di protezione.
La corrente condizionale di corto circuito del sistema di condotto sbarre o di binario elettrificato associato con uno specifico dispositivo non deve essere inferiore alla corrente di corto circuito presunta.”
Ci son voluti ben 12 anni affinchè una segnalazione importante, anche se in qualche misura indiretta, (www.angelfire.com/al/CommissioneElettrica/letaeicei.html ) a favore di una più certa realizzazione, a costo zero, di impianti sicuri, fosse recepita dagli esperti del Comitato Elettrotecnico Italiano. Ciò forse è dovuto al fatto che, anche se si tratta di una precisazione, che indiscutibilmente si pone a favore della sicurezza degli operatori e delle cose ( vedasi ad esempio in questo stesso blog il post del 23 novembre u.s. ), a ben guardare va contro gli interessi immediati dei costruttori ( leggasi costi di modifica delle sale prove !! ), che sono ben presenti nei comitati.
Questo dovrebbe far riflettere però sulla efficacia del CEI nella troppo sbandierata tutela degli interessi dei cittadini. Ritengo che si possa e si debba far qualcosa per migluiorare la situazione.
Comunque rileviamo un segno positivo. Un grazie si deve a chi si è prodigato per l'inserimento del nuovo articolo nel testo della norma CEI 64-8. Esso suonerà certo come campanello d'allarme in tutta generalità.
Non abbiamo letto ancora il testo di tutte le novità introdotte con la nuova variante. Tale testo purtroppo e inspiegabilmente!, se si pensa all'obbiettivo che con la sua pubblicazione ci si pone, può essere letto solo a video.
Confidiamo che il problema della sussistenza di obsolete correlazioni presenti ancor oggi nelle norme tecniche tra livelli di corrente di corto circuito e corrispondenti cosfi sia recepito e segnalato anche a proposito di un corretto dimensionamento dei quadri elettrici e degli interruttori, automatici e non, che li equipaggiano.
A dirla in maniera soft mi permetto di affermare che favorire la sicurezza a costo zero ( segnalazione del problema !! ) sia legalmente un atto immediatamente dovuto per un ente preposto a garantirla. Il fatto che costi significativi si debbano affrontare per migliorare la situazione non giustificherebbe una pesante assenza del CEI nel segnalare la possibile diffusa presenza di realizzazioni pericolose. L'inserzione nel testo della norma CEI 64-8 di articoli simili a quello introdotto per i condotti sbarra inducono i tecnici a ben considerare un rischio, per la mia esperienza, sconosciuto alla gran parte degli installatori.
La variante prevede l’inserzione di un nuovo articolo: il 434.3.3, che tratta dei condotti sbarra. In detto articolo si da finalmente atto che la verifica della tenuta meccanica delle apparecchiature e componenti agli sforzi elettrodinamici dovuti alla corrente di cresta in caso di corto circuito va sempre effettuata.
Ecco il testo del nuovo articolo proposto, che probabilmente andrà finalmente ad arricchire la norma CEI 64-8.
"434.3.3 Per i sistemi di condotti sbarre conformi alla Norma EN 60439-2 e per i sistemi di alimentazione a binario elettrificato conforme alla serie EN 61534, deve essere applicata una delle seguenti prescrizioni:
La corrente di breve durata ammissibile nominale ( Icw ) e la corrente nominale di tenuta al picco del sistema di condotti sbarre o di binario elettrificato non devono essere inferiori ai valori di corrente di corto circuito presunta e di picco della corrente di corto circuito presunta, rispettivamente. Il tempo massimo per cui si definisce l’Icw ( per i sistemi di condotto sbarre o di binario elettrificato ) non deve essere inferiore al massimo tempo di intervento del dispositivo di protezione.
La corrente condizionale di corto circuito del sistema di condotto sbarre o di binario elettrificato associato con uno specifico dispositivo non deve essere inferiore alla corrente di corto circuito presunta.”
Ci son voluti ben 12 anni affinchè una segnalazione importante, anche se in qualche misura indiretta, (www.angelfire.com/al/CommissioneElettrica/letaeicei.html ) a favore di una più certa realizzazione, a costo zero, di impianti sicuri, fosse recepita dagli esperti del Comitato Elettrotecnico Italiano. Ciò forse è dovuto al fatto che, anche se si tratta di una precisazione, che indiscutibilmente si pone a favore della sicurezza degli operatori e delle cose ( vedasi ad esempio in questo stesso blog il post del 23 novembre u.s. ), a ben guardare va contro gli interessi immediati dei costruttori ( leggasi costi di modifica delle sale prove !! ), che sono ben presenti nei comitati.
Questo dovrebbe far riflettere però sulla efficacia del CEI nella troppo sbandierata tutela degli interessi dei cittadini. Ritengo che si possa e si debba far qualcosa per migluiorare la situazione.
Comunque rileviamo un segno positivo. Un grazie si deve a chi si è prodigato per l'inserimento del nuovo articolo nel testo della norma CEI 64-8. Esso suonerà certo come campanello d'allarme in tutta generalità.
Non abbiamo letto ancora il testo di tutte le novità introdotte con la nuova variante. Tale testo purtroppo e inspiegabilmente!, se si pensa all'obbiettivo che con la sua pubblicazione ci si pone, può essere letto solo a video.
Confidiamo che il problema della sussistenza di obsolete correlazioni presenti ancor oggi nelle norme tecniche tra livelli di corrente di corto circuito e corrispondenti cosfi sia recepito e segnalato anche a proposito di un corretto dimensionamento dei quadri elettrici e degli interruttori, automatici e non, che li equipaggiano.
A dirla in maniera soft mi permetto di affermare che favorire la sicurezza a costo zero ( segnalazione del problema !! ) sia legalmente un atto immediatamente dovuto per un ente preposto a garantirla. Il fatto che costi significativi si debbano affrontare per migliorare la situazione non giustificherebbe una pesante assenza del CEI nel segnalare la possibile diffusa presenza di realizzazioni pericolose. L'inserzione nel testo della norma CEI 64-8 di articoli simili a quello introdotto per i condotti sbarra inducono i tecnici a ben considerare un rischio, per la mia esperienza, sconosciuto alla gran parte degli installatori.
mercoledì 23 novembre 2011
SCELTA DEL POTERE DI INTERRUZIONE secondo la norma CEI 64-8 e la regola d’arte
Ho eseguito, naturalmente approssimato, il calcolo della icc
e del relativo cosficc in una cassetta di derivazione situata all’inizio di una
blindosbarra posta all’interno di un reparto di produzione fili smaltati.
Tutti i cavi sono posati senza un ordine di progetto, tranne
quelli che dai TR adducono al Power Center, che sono posati a strato su una
passarella con disposizione RRRRRR, SSSSSS, TTTTTT,…..
Ho considerato il parallelo di n. 2 trasformatori, 20/0,4 kV
da 1250 kVA, Pcc 14.000 W e vcc 6,2
%. Al Power Center n. 6 cavi per fase in
rame da 240 mm2. Dal Power
Center ad un Commutatore Statico di un
UPS ( 3 x 300 kVA ) e da questo ad una
sezione di sbarre di distribuzione dello stesso Power Center per complessivi (
andata e ritorno ) 26 m
si va con cavi posati in cunicolo : n. 5 cavi per fase da 240 mm2. Dal
Power Center alla blindo sbarra in campo si va per 115 m con cavi posati in
canala aperta : n. 4 cavi per fase da
240 mm2.
Se i calcoli non sono sbagliati ( è il caso di controllare !
) la corrente di corto circuito trifase all’inizio della blindo sbarra, dove
praticamente si vuole installare un interruttore automatico a protezione della
derivazione vale circa 12 kA e il suo cosfi vale 0,24.
Analogamente la corrente di corto circuito monofase
all’inizio della blindo sbarra, se nello stesso punto si volesse installare un
interruttore automatico a protezione della derivazione monofase vale circa 6,2
kA e il suo cosfi vale 0,37.
Ho trascurato la sezione MT , senza alterare, come si sa, la
sostanza dei risultati vale solo la reattanza che incide per 1-2 % sul valore
della icc.
Ho trascurato il contributo motori, che come si sa ha una
forte valenza reattiva.
Ci si chiede se si possono installare interruttori
trifasi con potere di interruzione da 15 kA e da 10 kA rispettivamente nei due
casi, quando si sia informati che gli stessi poteri di interruzione sono
definiti per cosfi pari a 0,3 e a 0,5 e riconoscendo che questi valori sono
superiori a quelli con i quali le correnti di corto circuito si possono
manifestare.
Credo che tutti gli operatori del settore abbiano diritto ad
una precisa risposta da parte del CEI. Si osservi che la questione è stata
posta non pochi anni fa.
giovedì 29 settembre 2011
Cabine MT/BT - CEI 11-35 -Luoghi MARCI ??
Scorrendo la "Guida all'esecuzione delle cabine elettriche d'utente" ( prima edizione ), CEI 11-35, nel capitolo 2 "Protezione contro l'incendio" si legge : " Le cabine elettriche non sono da considerarsi in genere " Ambienti a maggior rischio in caso di incendi" oggetto della sez. 751 della norma CEI 64-8."
Questo è confortante!
E' vero anche che il valore di una guida è scarso. In effetti applicando le regole generali il luogo si dovrebbe considerare MARCIO. Poichè prevale la norma, in caso di incidenti potrebbe non bastare in giudizio presentarsi con la giustificazione di aver seguito una guida e non la norma.
Certamente gli esperti, che hanno stilato la guida, si sono accorti che la norma non può essere applicata e hanno esplicitato il disagio arrogandosi l'autorità di bandire le cabine elettriche dall'insieme dei luoghi MARCI. Meglio se lo avesse fatto la norma. Così si crea solo confusione. La gerarchia su questioni importanti deve essere rispettata.
Resta il fatto che il luogo ha spesso tutte le caratteristiche per essere un luogo MARCIO. Almeno se si usano i criteri suggeriti dalla norma per la tipologia del terzo tipo c.Vale anche l'osservazione che molte realtà industriali sono tali che la norma sui luoghi MARCI non risulta completamente applicabile, pena costi di impianto e di esercizio molto pesanti ( ad es. gestione di forni industriali per la produzione di conduttori smaltati ). Questo aspetto pertanto dovrebbe essere approfondito e migliorato dalle norme tecniche.
Si è riproposta la situazione incresciosa che si è presentata molti anni or sono quando le cabine di trasformazione MT/BT erano state incluse tra le attività pericolse presenti nelle appendici della norma 64-2 relativa agli impianti con pericolo di esplosione. Tale appendice risultava anche allora, a mio giudizio naturalmente, inapplicabile e dopo qualche anno, procurando nel frattempo non pochi guai tra i progettisti e gestori delle cabine, è stata guarda caso ritirata.
Questo è confortante!
E' vero anche che il valore di una guida è scarso. In effetti applicando le regole generali il luogo si dovrebbe considerare MARCIO. Poichè prevale la norma, in caso di incidenti potrebbe non bastare in giudizio presentarsi con la giustificazione di aver seguito una guida e non la norma.
Certamente gli esperti, che hanno stilato la guida, si sono accorti che la norma non può essere applicata e hanno esplicitato il disagio arrogandosi l'autorità di bandire le cabine elettriche dall'insieme dei luoghi MARCI. Meglio se lo avesse fatto la norma. Così si crea solo confusione. La gerarchia su questioni importanti deve essere rispettata.
Resta il fatto che il luogo ha spesso tutte le caratteristiche per essere un luogo MARCIO. Almeno se si usano i criteri suggeriti dalla norma per la tipologia del terzo tipo c.Vale anche l'osservazione che molte realtà industriali sono tali che la norma sui luoghi MARCI non risulta completamente applicabile, pena costi di impianto e di esercizio molto pesanti ( ad es. gestione di forni industriali per la produzione di conduttori smaltati ). Questo aspetto pertanto dovrebbe essere approfondito e migliorato dalle norme tecniche.
Si è riproposta la situazione incresciosa che si è presentata molti anni or sono quando le cabine di trasformazione MT/BT erano state incluse tra le attività pericolse presenti nelle appendici della norma 64-2 relativa agli impianti con pericolo di esplosione. Tale appendice risultava anche allora, a mio giudizio naturalmente, inapplicabile e dopo qualche anno, procurando nel frattempo non pochi guai tra i progettisti e gestori delle cabine, è stata guarda caso ritirata.
lunedì 4 luglio 2011
Interruttori e cosfi. Un contributo alla sicurezza elettrica. Invito al CEI
Ritengo che sul problema, che attiene alla sicurezza elettrica, per il quale accade sempre più frequentemente che nella progettazione e nella realiozzazione degli impianti elettrici di potenza si scelgano gli interruttori automatici senza tener conto del cosfi, cui il potere di interruzione va riferito, non sia stato fatto da chi di dovere quanto possibile per escludere errori di progettazione in qualche misura "nascosti ".
Per i progettisti più attenti scrivo appena sotto il link che consente di leggere la lettera che il prof. Giuseppe Parise ( Università La Sapienza di Roma ) scrisse al Direttore della rivista AEIT presso la quale nel lontano 1999 sollevai il problema: http://www.angelfire.com/al/CommissioneElettrica/letaeicei.html
Cosa costava ai normatori aggiungere nella norma CEI 64-8 un comma di attenzione sul problema ed evitare così che centinaia di impianti, se non di più, risultassero non a regola d'arte e in qualche modo pericolosi? Trovo che il comportamento degli esperti normatori del CEI non risponda alle attese, se si ritiene, come il buon senso a tutti suggerisce, che essi debbano adoperarsi al massimo perchè gli impianti da realizzare risultino sicuri.
Forse aggiungere un solo comma alla norma CEI 64-8, che imponesse di verificare il cosfi nella scelta degli interruttori automatici a protezione dei circuiti, sarebbe stato troppo faticoso e/o difficile? Non trovo invero giustificazione a tanta ignavia.
Ammettere praticamente un errore non sarebbe stata comunque la fine del mondo!
Non vogliamo ancor oggi aiutare i progettisti meno preparati?
Non vogliamo proprio aiutare gli installatori e i reparti manutentivi delle fabbriche, che ogni qual volta aggiungono interruttori non idonei all'interno di quadri elettrici, senza il richiesto progetto di un professionista abilitato, li scelgono di prestazioni pari a quelle degli interruttori già installati, assumendosi in proprio la gran parte della resonsabilità, ignorando il pericolo?
Cosa costa rendere palese il rischio ?
Per i progettisti più attenti scrivo appena sotto il link che consente di leggere la lettera che il prof. Giuseppe Parise ( Università La Sapienza di Roma ) scrisse al Direttore della rivista AEIT presso la quale nel lontano 1999 sollevai il problema: http://www.angelfire.com/al/CommissioneElettrica/letaeicei.html
Cosa costava ai normatori aggiungere nella norma CEI 64-8 un comma di attenzione sul problema ed evitare così che centinaia di impianti, se non di più, risultassero non a regola d'arte e in qualche modo pericolosi? Trovo che il comportamento degli esperti normatori del CEI non risponda alle attese, se si ritiene, come il buon senso a tutti suggerisce, che essi debbano adoperarsi al massimo perchè gli impianti da realizzare risultino sicuri.
Forse aggiungere un solo comma alla norma CEI 64-8, che imponesse di verificare il cosfi nella scelta degli interruttori automatici a protezione dei circuiti, sarebbe stato troppo faticoso e/o difficile? Non trovo invero giustificazione a tanta ignavia.
Ammettere praticamente un errore non sarebbe stata comunque la fine del mondo!
Non vogliamo ancor oggi aiutare i progettisti meno preparati?
Non vogliamo proprio aiutare gli installatori e i reparti manutentivi delle fabbriche, che ogni qual volta aggiungono interruttori non idonei all'interno di quadri elettrici, senza il richiesto progetto di un professionista abilitato, li scelgono di prestazioni pari a quelle degli interruttori già installati, assumendosi in proprio la gran parte della resonsabilità, ignorando il pericolo?
Cosa costa rendere palese il rischio ?
giovedì 9 giugno 2011
Norma CEI 11-35, ed. ottobre 1996. Un grave errore ?
Ho letto per lavoro nella norma CEI 11-35 ( ottobre 1996 ), “Guida all’esecuzione delle cabine elettriche d’utente”, a pag. 15, quanto segue: “ 5.1.2 L’ubicazione in zone con pericolo di esplosione o a rischio di incendio è permesso solo per cabine pressurizzate in accordo alle norme CEI 64-2, Capitolo 8, Guida CEI 31-25, CEI 64-8 Sez. 751 “.
Non mi riesce di capire il nesso tra le cabine pressurizzate e le zone a rischio di incendio in cui la cabina dovrebbe essere installata.
Propongo le seguenti osservazioni:
1) installare una cabina MT/BT in zone con pericolo di esplosione riguarda certo casi specialissimi, si può capire il cenno che la guida dedica a tale particolare situazione;
2) non conosciamo invece i luoghi “a rischio di incendio “: sono forse quelli “a maggior rischio in caso di incendio”, di cui appunto tratta la richiamata nel testo sezione 751 della norma CEI 64-8; tali due termini sono molto diversi tra loro e a rigore rendono conto di due situazioni notevolmente diverse; cosa intendeva veramente il normatore ? Il cenno alla sezione 751 della norma CEI 64-8 fa intendere che l’esperto normatore si sia sbagliato;
3) la sezione 751 della norma CEI 64-8 tratta di edifici frequentati dal pubblico, di costruzioni in materiale combustibile, come legno, e soprattutto di compartimenti in edifici che dal punto di vista antincendio sono superiori o uguali alla classe 30: resta comunque una grande differenza tra “zona a rischio di incendio” e “luoghi a maggior rischio in caso di incendio”.
Personalmente ritengo che una cabina MT/BT si possa installare in luoghi a maggior rischio in caso di incendio rispettando alcune regole di buon senso. Mi risulta meno comprensibile la facoltà di installare una cabina MT/BT pressurizzata nel bel mezzo di consistenti quantità di materiale combustibile.
Spero che qualche lettore mi possa aiutare ad interpretare al meglio l’articolo della norma che ho citato.
Se ho ragione a lamentarmi e se è vero che non si può essere esperti di tutto e che qualche errore può scappare, è inammissibile però che i documenti che ci vengono proposti a così alto livello, con costi notevoli, non siano almeno riletti da altri esperti in grado di correggere quelle sviste in cui inevitabilmente si può incappare.
E' uscita la nuova edizione ? L'errore è stato almeno corretto?
Non mi riesce di capire il nesso tra le cabine pressurizzate e le zone a rischio di incendio in cui la cabina dovrebbe essere installata.
Propongo le seguenti osservazioni:
1) installare una cabina MT/BT in zone con pericolo di esplosione riguarda certo casi specialissimi, si può capire il cenno che la guida dedica a tale particolare situazione;
2) non conosciamo invece i luoghi “a rischio di incendio “: sono forse quelli “a maggior rischio in caso di incendio”, di cui appunto tratta la richiamata nel testo sezione 751 della norma CEI 64-8; tali due termini sono molto diversi tra loro e a rigore rendono conto di due situazioni notevolmente diverse; cosa intendeva veramente il normatore ? Il cenno alla sezione 751 della norma CEI 64-8 fa intendere che l’esperto normatore si sia sbagliato;
3) la sezione 751 della norma CEI 64-8 tratta di edifici frequentati dal pubblico, di costruzioni in materiale combustibile, come legno, e soprattutto di compartimenti in edifici che dal punto di vista antincendio sono superiori o uguali alla classe 30: resta comunque una grande differenza tra “zona a rischio di incendio” e “luoghi a maggior rischio in caso di incendio”.
Personalmente ritengo che una cabina MT/BT si possa installare in luoghi a maggior rischio in caso di incendio rispettando alcune regole di buon senso. Mi risulta meno comprensibile la facoltà di installare una cabina MT/BT pressurizzata nel bel mezzo di consistenti quantità di materiale combustibile.
Spero che qualche lettore mi possa aiutare ad interpretare al meglio l’articolo della norma che ho citato.
Se ho ragione a lamentarmi e se è vero che non si può essere esperti di tutto e che qualche errore può scappare, è inammissibile però che i documenti che ci vengono proposti a così alto livello, con costi notevoli, non siano almeno riletti da altri esperti in grado di correggere quelle sviste in cui inevitabilmente si può incappare.
E' uscita la nuova edizione ? L'errore è stato almeno corretto?
lunedì 30 maggio 2011
Le norme CEI, la trasparenza e la partecipazione. Possiamo migliorare !
Scorrendo un articolo della rivista AEIT ( 2006 ) sui riferimenti normativi ( CS, Consensus Standard ) presenti negli Stati Uniti in materia di protezione dall'arco elettrico, ho letto quanto segue: " .... La scrittura dei CS è affidata a gruppi di lavoro d'eccellenza di specialisti volontari ( spesso di ambiente accademico ), e i pricipi che ne caratterizzano il processo di approvazione sono la possibilità di partecipare allo sviluppo per tutti i portatori di interesse che in qualche modo sono coinvolti dall'applicazione dello standard stesso, la trasparenza nello sviluppo ( tutte le fasi di elaborazione sono pubbliche e sono disponibili a tutti le memorie dei lavori dei comitati tecnici), il consenso ( l'approvazione, seppur non unanime, deve avvenire con una larghissima maggioranza ) e infine un processo scritto di revisione volto ad evidenziarne eventuali debolezze."
A mio parere quanto sembra avvenire negli Stati Uniti è molto diverso da quanto avviene in Italia. Certamente vige in America un iter molto più formativo per tutti quei tecnici che amassero approfondire i fondamenti dell'ottenimento senza sprechi della sicurezza.
Perchè non si può promuovere anche in Italia qualcosa di simile ??
A mio parere quanto sembra avvenire negli Stati Uniti è molto diverso da quanto avviene in Italia. Certamente vige in America un iter molto più formativo per tutti quei tecnici che amassero approfondire i fondamenti dell'ottenimento senza sprechi della sicurezza.
Perchè non si può promuovere anche in Italia qualcosa di simile ??
venerdì 27 maggio 2011
Il cosfi e gli impianti fotovoltaici. La norma CEI 64-8 tace.
Il rischio elettrico da ben valutare che spesso si incontra negli impianti elettrici di media e grande potenza, per il quale il potere di interruzione dell’interruttore automatico installato è sì maggiore della corrente di corto circuito presunta, ma contestualmente il cosfi con cui essa si presenta risulta inferiore a quello con cui l'interruttore stesso è stato provato dal suo costruttore e quindi per il quale è abilitato, è particolarmente sentito nel caso degli impianti fotovoltaici. -Si sa che negli impianti fotovoltaici di media-grande potenza si mettono in gioco tutte le azioni utili al raggiungimento di rendimenti elevati. Si utilizzano pertanto conduttori di sezione abbondante e soprattutto trasformatori MT/BT a basse perdite. Con ciò inevitabilmente l’impianto incorre nella situazione rischiosa sopra richiamata e a detta degli stessi esperti del CEI da me interpellati non siamo in grado di valutare il grado di rischio, in cui tutti veniamo coscientemente o incoscientemente a trovarci.
Strano che di fronte ad una situazione di rischio indefinita, nessuno, nemmeno gli stessi normatori del CEI, si mettano fretta a definirla e a stabilire il da farsi per valutarlo e ridurlo come recita il DLgs 81/08. Che senso ha definire il potere di interruzione degli interruttori a un certo cosfi, se quest'ultimo non influisce sulla sicurezza della sua azione?
Dobbiamo aspettare altri dieci anni per vedere risolta la questione !
Possiamo applicare il comportamento, che nel caso specifico del cosfi viene concretamente ammesso, anche in altre situazioni: perciò, se anche non è provato che i dispositivi che prevediamo di installare sono in grado di superare le prove, cui possono essere sottoposti in campo, possiamo installarli lo stesso.
Strano che di fronte ad una situazione di rischio indefinita, nessuno, nemmeno gli stessi normatori del CEI, si mettano fretta a definirla e a stabilire il da farsi per valutarlo e ridurlo come recita il DLgs 81/08. Che senso ha definire il potere di interruzione degli interruttori a un certo cosfi, se quest'ultimo non influisce sulla sicurezza della sua azione?
Dobbiamo aspettare altri dieci anni per vedere risolta la questione !
Possiamo applicare il comportamento, che nel caso specifico del cosfi viene concretamente ammesso, anche in altre situazioni: perciò, se anche non è provato che i dispositivi che prevediamo di installare sono in grado di superare le prove, cui possono essere sottoposti in campo, possiamo installarli lo stesso.
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