Ogni
possibile aggancio con il problema del cosfi viene accuratamente evitato. Ad
esempio consideriamo il quaderno ABB dal titolo “Cabine MT/BT: teoria ed esempi
di calcolo di cortocircuito” e l’esempio svolto a pag. 14.
Si svolge il
calcolo della corrente di cortocircuito a valle di un trasformatore con Pn pari
a 400 kVA.
A pensar
male si può pensare che per non incorrere nel fatto di dover ammettere che è diffusa
e concreta la possibilità di imbattersi nella situazione imbarazzante, per cui
il cosfi per cui sono abilitati gli interruttori in quanto a potere di
interruzione, non copre anche i casi più comuni come quello presentato, si
attribuisce al trasformatore una caratteristica speciale senza dichiararlo.
Le perdite
nel rame sono dichiarate pari al 3%. Tale valore incide proporzionalmente sul
valore del cosfi della corrente di cortocircuito.
I
trasformatori in olio presentano però in genere perdite pari a 1,35 % se a
perdite normali e pari a 1,07 se a perdite ridotte.
Se si
fossero adottati i normali valori di perdite il cosfi della corrente di
cortocircuito, valutata in circa 15 kA, a macchina calda sarebbe risultato circa
0,35 nel caso di perdite normali e pari a 0,29 nel caso di perdite ridotte. Nel
secondo caso essendo gli interruttori con poteri di interruzione compresi tra
10 e 20 kA abilitati per cosfi pari a 0,3 e non inferiori, non potrebbero
essere adottati.
A impianto
freddo il fenomeno è esaltato ed entrambe le situazioni diventano non
accettabili dal punto di vista che abbiamo considerato.
Le cose
peggiorano nel caso si considerino trasformatori rispondenti per classi di
efficienza alla più recente norma CEI EN 50588-1.
Per i
trasformatori in resina le cose peggiorano in quanto le perdite nel rame
aumentano di poco, mentre la tensione di cortocircuito aumenta del 50 %.
Si
dovrebbe ricorrere pertanto all’adozione di interruttori con prestazioni
superiori a quelli che ordinariamente ammissibili.
Possibilità che a scapito della sicurezza non si vuol ancor oggi introdurre e la norma CEI non ci aiuta.
In capo a chi la responsabilità di una scelta errata che pare accettata anche dalla norma ?